Nubi sul futuro Ghiott Dolciaria di Tavarnelle, sciopero e presidio

Flai Cgil: “L’azienda non dà risposte, atteggiamento grave”. La lavoratrice: “Ci dicevano che eravamo una famiglia, ora ci fanno svuotare gli impianti senza comunicarci nulla, sentiamo mancanza di rispetto”. Il 3 ottobre una riunione del tavolo del patto del lavoro del Chianti sulla vertenza

In Ghiott Dolciaria, Barberino Tavarnelle, in provincia di Firenze, dopo lo sciopero di tre ore dello scorso 22 settembre, stamani c’è stato un nuovo sciopero di tre ore, con presidio di fronte allo stabilimento, che produce cantuccini e biscotti e occupa una decina di dipendenti, quasi tutte donne, in via San Gallo.
L’agitazione, indetta dalla Flai Cgil, è dovuta al “modo dilatorio di affrontare le problematiche da parte dell’azienda. Nell’incontro sindacale di metà luglio ci ha comunicato una presunta trattativa di vendita, senza specificare nient’altro. Avendo riscontrato che a tutt’oggi non c’è produzione nello stabilimento, e dopo ripetute richieste di incontro senza alcun riscontro, registriamo la continua e persistente volontà dell’azienda di non voler confrontarsi e dare risposte in merito alla situazione in essere. Riteniamo molto grave questo tipo di atteggiamento da parte di un’azienda storica del territorio”, spiega il sindacato.
Aggiunge la Flai Cgil: “Ieri abbiamo ricevuto la convocazione, da parte del sindaco di Barberino Tavarnelle, della riunione del tavolo per l’attivazione del patto del lavoro del Chianti, in data 3 ottobre. Bene, la prendiamo come un primo, minimo risultato della mobilitazione messa in campo, visto che chiedevamo questo tavolo da inizio settembre, senza risposta. Ora in quella sede, dove ci aspettiamo che saranno presenti Confindustria e azienda, vorremo sapere cosa c’è nel futuro dello stabilimento e di chi ci lavora”.
Ha spiegato la lavoratrice Carolina Stoppioni, membro Rsu, Flai Cgil: “Viviamo questa situazione come un affronto personale: ci stanno facendo svuotare gli impianti, ci fanno fermare le macchine, come se qui non ci dovesse rimanere più niente, ma nessuno ci mette la faccia per dirci che futuro ci aspetta. Per anni ci hanno detto siamo grande famiglia e ora invece registriamo questo silenzio che ormai perdura. Ci sembra di ricevere una mancanza di rispetto, alcune lavorano qui da venti anni, siamo per lo più donne con famiglia, con figli da mandare a scuola e almeno venti anni di lavoro per arrivare alla pensione”.

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