25 novembre, mezzo milione a Roma, non una di meno. Siamo qui per restare

Nella giornata internazionale contro la violenza di genere, si saranno sentite meno sole le donne di ogni età che non hanno ancora trovato la forza o avuto la possibilità di chiamare l’1522 e denunciare le prevaricazioni, le angherie, le minacce, le botte subite da quello che spesso è il marito, il compagno di vita, o qualcuno che pensavano volesse loro bene. Tutte le gradazioni del fucsia hanno colorato Roma, Messina, Milano, e tante altre città da un capo all’altro della penisola e ai quattro angoli del pianeta. La Flai, la Cgil tutta, con lavoratrici e lavoratori, donne e uomini di ogni età e condizione sociale per chiedere con forza di cambiare una cultura sbagliata, una domanda vera di libertà a cui va data risposta. Cortei oceanici, un’onda gigantesca che non si fermerà. Siamo qui, arrabbiate e determinate a non arretrare di un passo, siamo qui per restare. Una richiesta che risuona nelle piazze in una cacofonia di rumori di fischietti, battiti di mani, canti, cori, le chiavi di casa agitate per fare rumore e dire basta a ogni violenza fisica, sessuale, psicologica ed economica contro le donne. “Lo dico da uomo a uomini: assumiamo la violenza sulle donne come un problema nostro”, il segretario generale della Flai, Giovanni Mininni, chiama a una rivoluzione culturale per affrontare e superare, a partire dei luoghi di lavoro, la violenza di genere. “E’ un problema nostro, lo ripeto, non è un problema delle donne. Non è un problema delle donne doversi difendere dall’arroganza e dalla protervia dei maschi. Il problema è degli uomini, che non riescono a liberarsi da una cultura patriarcale che ci è stata inculcata dal pensiero dominante di questa società. Facciamo prevalere l’umanità alla semplificazione e all’orrore della violenza, perché altrimenti non possiamo definirci uomini e nemmeno animali, siamo lo scarto di questa società”.

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