Dl flussi, Flai Cgil: “Uno specchietto per le allodole, con un approccio sbagliato, securitario e non inclusivo”

“Le misure varate dal Consiglio dei ministri sul caporalato, messe in relazione con il meccanismo dei flussi, rischiano di essere uno specchietto per le allodole, l’ennesimo – spiega la Flai Cgil commentando il provvedimento governativo – Il fantomatico permesso di soggiorno introdotto per le vittime di grave sfruttamento e caporalato, con tanto di percorso di assistenza e integrazione sociale, è già previsto, fin dal 1998, dall’art.18 del Testo unico sull’immigrazione. La sola novità, stando a quanto annunciato dal governo, è l’estensione dell’Assegno di inclusione alle vittime di caporalato”. 

Per la Flai “la vera questione è un’altra, quella di garantire un percorso di reale inclusione, con il coinvolgimento di istituzioni e parti datoriali, azioni che consentano alle vittime di trovare un nuovo impiego regolare e dunque passare da una dimensione meramente assistenziale, ad un principio di piena emancipazione sociale, che è il reale spirito dell’art 18. Queste misure ci fanno riflettere perché denotano un approccio completamente sbagliato, che cerca di circoscrivere il problema solo alle lavoratrici e ai lavoratori stranieri. La domanda viene spontanea: e le vittime che un permesso di soggiorno già ce l’hanno? E i lavoratori italiani e comunitari?”.

“Legare il tema dello sfruttamento lavorativo e del caporalato esclusivamente a quello migratorio e ad interventi in materia di flussi – denuncia il sindacato dell’agroindustria della Cgil – rischia dunque non solo di essere inefficace, ma di deresponsabilizzare datori di lavoro e istituzioni nell’affrontare un fenomeno che ormai è divenuto strutturale, purtroppo, per un’ampia parte del sistema produttivo, non soltanto agricolo, del paese. Vi è inoltre un limitatissimo richiamo alla responsabilità dei datori di lavoro, prevedendo sì un’esclusione per tre anni dai flussi per chi non provvede alla stipula del contratto di lavoro, ma nessuna reale sanzione. Viene poi introdotta la possibilità di sottoscrivere un nuovo contratto di lavoro entro 60 giorni dalla scadenza del nulla osta, e la possibilità di conversione dei permessi di soggiorno stagionali. Anche queste misure rischiano di deresponsabilizzare i datori di lavoro e consegnare i lavoratori ad una sistematica condizione di sfruttamento, pur di conservare quel prezioso ‘pezzo di carta’ che per molte donne e uomini rappresenta spesso l’unica speranza di futuro”. 

“Quello che è necessario è piuttosto una reale emersione sociale, con il pieno coinvolgimento di strumenti essenziali come la Rete del lavoro agricolo di qualità, che non solo viene snobbata, ma spesso addirittura contrastata – sottolinea la Flai – Non era allora più semplice e giusto introdurre un permesso di soggiorno per ‘ricerca del lavoro’, superando la logica delle quote, e procedere ad una regolarizzazione diffusa dei migranti già presenti sul nostro territorio che sono la stragrande maggioranza dei reali destinatari dei decreti flussi? Non sarebbe più opportuno il rilancio delle sezioni della Rete del lavoro di qualità per mettere in atto un vero contrasto del fenomeno e l’applicazione delle linee guida per l’emersione e l’assistenza alle vittime di sfruttamento lavorativo e caporalato in agricoltura?”.

“La verità è che si cerca di compiere un’operazione mediatica molto pericolosa: legare un sistema diffuso, quello dello sfruttamento e del caporalato, ai soli lavoratori stranieri e di nascondere una logica securitaria e repressiva dietro qualche specchietto per le allodole. A questo proposito emerge una chiara volontà ulteriormente punitiva nei confronti delle Ong per tentare di rendere ancora più complicati i salvataggi in mare, si dà una stretta ulteriore alla concessione della protezione umanitaria e si introduce persino la possibilità di utilizzare in maniera coattiva i cellulari di chi sbarca nel nostro Paese al fine di accertarne età, identità e cittadinanza. Dobbiamo combattere tale logica e affrontare il problema per ciò che è realmente: una vera e propria emergenza democratica che nega alla radice il principio costituzionale di giustizia sociale e calpesta ogni girono la dignità di migliaia di donne e uomini”.

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