Sfruttati e ricattati nelle campagne del Trentino, la denuncia della Flai

Già ad agosto il sindacato aveva inviato alle istituzioni una segnalazione. “Il datore di lavoro ci chiede 4mila euro per i permessi di soggiorno”

“Fino a 11 ore di lavoro al giorno”, piegati a raccogliere piccoli frutti nei campi di Baselga di Piné da mattina a sera, senza godere di pause e riposi. E senza che quella montagna di ore risultasse in busta paga e fosse quindi interamente retribuita. “Alcuni lavoratori risultano assunti con regolare contratto ma remunerati con cedolino paga e bonifico solo per una minima parte delle reali ore di lavoro svolto”, aveva riportato il 19 agosto scorso la Flai Cgil del Trentino nella “segnalazione di sfruttamento in agricoltura” rivolta a Commissario del Governo, Guardia di Finanza, Carabinieri, Inps provinciale e Ufficio Ispettorato del Lavoro. Un documento relativo a quanto avevano denunciato alla stessa Federazione lavoratori agroindustria e all’ufficio immigrati della Cgil del Trentino alcuni braccianti stranieri, che lavoravano in due aziende agricole di Miola di Baselga di Piné, con sede allo stesso indirizzo, su cui sta facendo accertamenti la Guardia di Finanza di Trento, in particolare riguardo al rapporto di lavoro e alle varie posizioni.

Ancora non basta perché, sempre secondo quanto denunciato dai braccianti, uno dei quali senza alcun tipo di contratto, lo stipendio veniva decurtato di ulteriori voci. C’erano infatti trattenute di cento euro mensili per l’alloggio in stanze dove dormivano anche fino a sei persone. A quanto appurato dai militari “stipati in spazi ristretti, in ambienti con cumuli di rifiuti in putrefazione e cattivo odore”. Un’abitazione che il Comune ha dichiarato inagibile con specifica ordinanza che prevede lo sgombero e il ripristino delle condizioni igienico sanitarie.

E non è tutto perché ci sarebbero state anche “richieste di 4mila euro da parte del datore di lavoro per la conversione di permessi di soggiorno”, si legge ancora nella segnalazione della Flai Cgil, che ha chiesto di verificare la presenza di lavoratori irregolari. Insomma i migranti reclutati tra Nigeria, Marocco, India e Pakistan, arrivati in Trentino grazie al ‘Decreto flussi’, confidandono in una regolarizzazione, in un lavoro per riuscire a mantenere la famiglia in patria, avrebbero dovuto anche sborsare soldi per ottenere un titolo idoneo a rimanere nel nostro territorio. Sono una quarantina i braccianti identificati e sentiti dalla Guardia di Finanza di Trento nell’ambito dell’articolata attività  ispettiva. I militari hanno acquisito informazioni sull’effettiva natura del rapporto di lavoro, sulle caratteristiche delle prestazioni svolte e sulle condizioni di lavoro, per poter ricostruire le singole posizioni e verificare la sussistenza di irregolarità giuslavoristiche, eventuali violazioni (come la norma relativa al soggiorno degli stranieri in Italia) o di fenomeni tali da ipotizzare condotte più gravi, con risvolti penali, quali sfruttamento del lavoro o caporalato.

A denunciare sfruttamento e caporalato è stata la stessa segreteria generale della Flai Cgil del Trentino nella segnalazione di agosto. “La situazione descritta, oltre a richiedere l’intervento diretto del sindacato, a nostro avviso necessita dell’intervento degli organi istituzionali al fine di verificare anche episodi di sfruttamento riconducibili al reato di caporalato, nonché la presenza di lavoratori senza regolare permesso di soggiorno per i quali valutare la possibile regolarizzazione come previsto dalle norme nei casi di grave sfruttamento”.

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