Invasioni, clima e altri cambiamenti, ricerca della Flai per una pesca resiliente e nuove sostenibilità

Il riscaldamento delle acque marine ha portato all’arrivo massiccio di specie aliene che devono convivere con quelle native anche se tendono invariabilmente a diventare dominanti

Nel Museo della Marineria in via Armellini a Cesenatico, la Flai ha presentato la ricerca “Invasioni, clima ed altri cambiamenti – per una pesca resiliente e nuove sostenibilità”. Il sindacato dei lavoratori dell’agroindustria, dei pescatori e acquacoltori della Cgil, ha commissionato uno studio scientifico sugli effetti dei cambiamenti del clima e delle presenze di specie ittiche nei nostri mari. Gli stravolgimenti climatici e il riscaldamento delle acque marine che ne consegue, hanno portato a invasioni di specie aliene che devono convivere con quelle native, anche se tendono invariabilmente a diventare dominanti. Emilia Romagna e Veneto sono due delle regioni le cui marinerie hanno conosciuto più di altre gli effetti dei cambiamenti climatici sulla sostenibilità ambientale e sociale dei comparti di pesca e acquacoltura. Non ultimi la proliferazione del granchio blu, gli scarichi straordinari di acqua dolce e detriti a seguito delle frequenti alluvioni, l’eccezionale riscaldamento delle acque e la ricomparsa delle mucillagini.
La ricerca è stata illustrata da Roberto Odorico, biologo marino, sono intervenuti Giosuè Mattei, segretario generale della Flai Cgil Veneto, Attilio Rinaldi, biologo ed ex presidente del centro Ricerche marine di Cesenatico-Cervia, Antonio Gottardo, responsabile agroalimentare di Legacoop Veneto, Cristiano Pistone, segretario Flai Cgil Emilia Romagna, e Piergiorgio Vasi, dipartimento Sviluppo e valorizzazione della pesca marittima e acquacoltura Regione Emilia Romagna. Le conclusioni sono state di Antonio Pucillo, capo dipartimento pesca Flai Cgil, a presidente era Marco Rinaldi, coordinatore Pesca Flai Cgil Emilia Romagna.
Con la presentazione di questa ricerca il sindacato dei pescatori intende avviare i necessari approfondimenti tra gli attori deputati a consentire la convivenza tra un sano ambiente marino e i lavoratori che ne traggono da millenni la propria esistenza quotidiana. Non per caso a Cesenatico sono arrivati esponenti del mondo della ricerca scientifica e dell’ambientalismo, delle associazioni delle imprese di pesca e dei lavoratori, delle amministrazioni regionali. La ricerca è finanziata dal Ministero dell’Agricoltura e l’iniziativa è stata patrocinata dalla Regione Emilia Romagna e dal Comune di Cesenatico. 

La segnalazione di specie aliene nel Mediterraneo, molluschi, crostacei, pesci, è una costante, arrivano dallo Stretto di Gibilterra, dal Mar Rosso attraverso il Canale di Suez. “La temperatura del mare ha un importanza chiave – afferma Odorico – Valori prolungati superiori a 25 gradi provocano effetti pesanti sulla sopravvivenza dei pesci del Mediterraneo e incrementano rischi di malattie, parassiti e conseguenze su larve e novellame”. E il mar Adriatico la scorsa estate è arrivato a 32 gradi. Al riguardo il biologo marino Attilio Rinaldi ha evidenziato come questa situazione abbia portato alla perdita di cozze nei 28 allevamenti di mitili in mare al largo della costa emiliano-romagnola, mentre sulle scogliere il caldo le aveva del tutto uccise. Ma gli effetti del surriscaldamento su pesca e filiera ittica si possono contrastare e Odorico suggerisce di esplorare le opportunità di mercato. “Le nuove opportunità sono la lavorazione di specie invasive – esorta – come il granchio blu, di origine americana i cui primi avvistamenti in Adriatico si ebbero però già alla fine degli anni ’40 del XX secolo. In Tunisia lo trasformano in polpa, in impianti specializzati dopo esserne stati anche là alle prese con un’invasione nel 2015. Una medusa nativa quale la Medusa polmone e la Rapana venosa, un gasteropode alieno del Mar del Giappone, specie entrambe problematiche anche in Adriatico, possono entrare a far parte di menu da valorizzare. Nell’ambito delle opportunità delle ‘bioinvasioni’ si può valutare lo scarto del carapace dei granchi, come anche il guscio dei gamberi per ricavarne collagene, chitina, proteine finalizzati a scopi biomedicali, nel campo della nutraceutica, farmaceutica, cosmesi, fibre, fertilizzanti, oltre che nuovi cibi come per esempio per alghe e meduse”. Per altre specie dalle carni ed effetti tossici o velenosi, come ad esempio l’erbivoro pesce coniglio, il pesce palla o l’elegante e tropicale pesce leone (Pterois miles) bisogna invece prestate grande attenzione a quella che potrebbe essere un rapida e incisiva diffusione. Perché è un sindacato come la Flai Cgil ad occuparsi di specie invasive del mare, di granchi blu e mucillagine ? “Perché il primo a soffrire dei mutamenti climatici è il pescatore – risponde Antonio Pucillo capo dipartimento pesca Flai Cgil nazionale. Perché oggi uno che per mestiere, ad esempio, fa la pesca a strascico può pescare non più di 120 giorni l’anno mentre deve mantenere la famigli per 365 giorni. Perché nonostante tutte le limitazioni e il calo di barche e pescatori ci dicono che gli stock ittici continuano a venire meno. Perché le vongole in mare muoiono. La crisi della pesca non va risolta solo con interventi spot e finanziamenti a pioggia. Per il granchio blu abbiano buttato milioni di euro per pescarli e altri per smaltirli. Oggi il cambiamento climatico non va negato, ma neppure inteso come la fine di tutto”. Pucillo non ha dubbi bisogna “salvare la pesca e l’ambiente. Perché la necessaria transizione energetico-ambientale deve andare di pari passo con una transizione sociale che salvaguardi lavoratrici e lavoratori e non lasci indietro nessuno”.

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