InFlai – numero 8/9 del 2024

Un bilancio degli eventi del sindacato di strada, la vertenza dei controllori degli allevamenti, il cibo come bene comune, il fallimento del modello economico dominante, la ferocia del nuovo decreto flussi. Sono tra i temi al centro del numero doppio settembre-ottobre di Inflai, la rivista digitale sul mondo dell’agroindustria, in pubblicazione. 

Apre il numero l’editoriale del segretario generale della Flai Giovanni Mininni dal titolo “Chi lavora sia protagonista del cambiamento”: la riflessione parte dall’esperienza delle Brigate del lavoro, che hanno portato decine di compagni nelle campagne di Latina, Foggia e Verona per tenere accesi i riflettori sullo sfruttamento e sul caporalato, insieme a operatori di associazioni affini. Il segretario sottolinea che l’azione del sindacato deve essere guidata dalla necessità di dare un’organizzazione ai lavoratori, siano essi sfruttati o no, affin­ché siano più forti per tutelarsi. 

“Noi abbiamo l’ambizione di costruire il cambiamento – scrive Mininni – e ciò si fa partendo dal basso, aggregando le persone sulle nostre proposte e facendole diventare protagoniste del migliora­mento delle proprie condizioni”. Un processo che può avviare il percorso per pas­sare dalla conoscenza alla coscien­za, perché solo questa consapevolezza attiva un vero cambiamento. Le fasi successive al sindacato di strada sono per il segretario la contrattazione, la vertenza e la denuncia. E decisiva sarà una buona chiusura dei rinnovi dei contratti provinciali degli agricoli, nei quali do­vranno trovare spazio temi normativi che contrastino il capo­ralato e la difesa del salario. 

A pagina 2, focus firmato da Leonardo Filippi sulla vertenza dei tecnici di gestione aziendale, che si occupano ogni giorno di fare analisi nelle aziende zootecniche, a tutela della qualità dei prodotti e della salute pubblica: lavoratori che ogni giorno fanno centinaia di piegamenti sulle gambe per prelevare il latte dai bovini, hanno orari discontinui, con sveglie alle 3 di mattina e fine turno anche oltre la mezzanotte, vivono con­dizioni ambientali estreme con punte che vanno dai -10 gradi di inverno fino a 40 gradi e più d’estate, e condizioni igieniche precarie. Un lavoro certamente usurante, il loro, che però il governo non vuole considerare tale. 

«Questi lavoratori fanno un lavoro indispensabile e assai faticoso, non riconosciuto da nessuno – pun­tualizza la segretaria nazionale Flai Silvia Spera –. Per questa ra­gione abbiamo concordato un avviso comune per il riconoscimento del lavoro usurante compiuto dai di­pendenti delle associazioni allevatori che operano in qualità di tecnici di gestione aziendale, per avviare un per­corso di riconoscimento che porti alla possibilità di anticipare l’andata in pensione”. A sette mesi dall’invio della richiesta dai ministeri ancora silenzio. 

I temi della rivista AE della fondazione Metes sono proposti nell’articolo a pagine 3, firmato dalla presidente Tina Balì: il cibo come diritto e bene comune, che però non è garantito a tutti. Secondo le ultime stime della Fao la quota della popolazione mondiale che soffre la fame nel 2023 è stata del 9,1 per cento, in crescita dell’1,6 rispetto al 2019. I numeri dello spreco, dall’altra parte, mettono in evidenza un folle contrasto fra chi muore di fame e chi invece butta via gli alimenti. 

“Il cibo non può essere considerato una commodity al pari del­le altre – scrive Balì -, utilizzata dai grandi capitalisti dell’agroalimentare per fare sempre maggiori profitti, a discapito dell’ambiente, sulla pelle dei lavoratori e a discapito delle risorse naturali. Un nuo­vo paradigma alimentare deve essere basato sulla multiva­lorialità culturale, sociale e relazionale dell’alimentazione. So­lo considerando il cibo come un bene comune sarà possibile costruire un nuovo modello agroalimentare più giusto e re­sponsabile, in grado di contribuire al futuro dell’umanità sul nostro pianeta”. 

Nello spazio dedicato ai territori, Infai porta il lettore in Piemonte, alla Barilla. Qui dopo il diniego dell’azienda della pasta alla richiesta d’uso della saletta Rsu, la Flai di Novara ha deciso di portare avanti le pro­prie attività in un furgone parcheggiato davanti al sito produt­tivo, applicando così anche all’industria un modello di intervento tipico dell’agricoltura. Ci spostiamo quindi nel museo della Marineria a Cesenatico, dove la Flai ha presentato la ricerca “Invasioni, clima ed altri cambiamenti – per una pesca resiliente e nuove sostenibi­lità”, uno studio scientifico sugli ef­fetti dei cambiamenti del clima e delle presenze di specie ittiche nei nostri mari. E ancora, dai territori Frida Nicinovich racconta dal Veneto la vertenza finita bene del panificio Mo­rato, ad Altavilla Vicentina: sebbene qui la Flai sia presente da decenni con suoi delegati, l’azienda non applica in modo puntuale il contratto della panifi­cazione. Dopo un lungo e acceso braccio di ferro, alla fine in assemblea è arrivato un testo che tra arretrati, ricalcoli, aumenti non solo rispetta il contratto ma lo estende a tutto il personale, anche somministrato. 

Andrea Coinu, responsabile politiche internazionali Flai Cgil, analizza a pagina 6 il rapporto di Mario Draghi, commissionato dalla presidenza della com­missione europea, “Piano sulla Competitività”, che ha il compito di definire la nuova impostazione ideologica del secondo mandato Von der Leyen. “Non c’è spazio per il vecchio e obsoleto Green Deal – scrive Coinu -, nessuna sostenibilità né futuro green. C’è solo la competitività come rimedio allo strapotere cino-americano e argine al nuovo che avanza. La guida strategica del nostro continente non è indi­rizzata dalla logica del bene comune, della pace, del benes­sere diffuso ma da quella del ‘cerchiamo di spendere meno e meglio’. L’impostazione sarebbe già di per sé discutibile ma diventa inquietante quando nello svilupparsi propone sostan­zialmente di non preventivare alcun nuovo elemento di wel­fare sociale”.

“La ferocia mascherata del nuovo decreto Cutro” è il titolo dell’articolo di Jean-René Bilongo e Matteo Bellegoni che mette al centro i temi dell’immigrazione: dietro qualche finta concessione, nella misura approvata dal governo a inizio ottobre si nasconde la solita logica securitaria e repressiva, in perfetta continuità col decreto Cutro. “Per brevità di giudizio potremmo limitarci a dire che tutto ciò è l’ennesimo specchietto per le allodole – scrivono gli autori -. Partendo dal fanto­matico permesso di soggiorno che dicono di aver introdotto per le vittime di grave sfruttamento e caporalato, ma che in realtà è già previsto, fin dal 1998, dall’art.18 del testo unico sul­l’immigrazione, rispetto a cui l’unica vera novità pare essere l’estensione dell’assegno di inclusione alle vittime”.

Chiude la rivista della Flai la rubrica Radici a cura di Valeria Cappucci, che rievoca la manifestazione dei “treni per Reggio” del 22 ottobre 1972: 60 mila lavoratori, braccianti, contadini e operai da tutta Italia, insieme a tantissimo popolo, insieme a Reggio Calabria per testimoniare l’unità della battaglia tra il Nord e il Sud, tra occupati e disoccupati, la ferma volontà di lotta e di rinascita e lo sviluppo del Mezzogiorno. Una grande manifestazione, nonostante i nove attentati fascisti compiuti in una sola notte: cinque bombe fatte esplodere sulla rete ferroviaria che collega Roma a Reggio Ca­labria e altre quattro all’interno della città calabrese. “Un preciso di­segno criminoso – scriveva l’Unità -, ideato e messo in atto con cinica determinazione nel tentativo, risultato poi vano, di far fallire la grande manifestazione e di provocare una strage sulla quale imbastire un nuovo capitolo della trama nera”. 

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