Lo sciopero generale va, fabbriche vuote piazze piene

Il segretario Mininni: “Il governo non può ignorare l’alto tasso di adesioni nelle aziende e le centinaia di migliaia di persone scese nelle piazze che meritano rispetto e vanno ascoltate”

Nel corteo che attraversa la capitale del paese si notano i turbanti dei lavoratori sikh dietro lo striscione della Flai, arrivano da Latina dove in estate la terribile morte di Satnam Singh ha scosso tante coscienze. Nel mezzo milione di italiane e italiani che sfilano per le vie e le piazze ci sono i lavoratori delle fabbriche in crisi, abbandonati da un governo che continua a non fare politiche industriali degne di questo nome, camminano fianco a fianco con chi invece sa che il suo stabilimento non è in crisi, eppure fatica ad arrivare a fine mese. E’ un’enorme questione salariale quella evidenziata dai cortei, dalle lavoratrici e dai lavoratrici dell’agroindustria che si sono fatti in quattro durante la pandemia per assicurare cibi freschi, buoni e giusti a sulle nostre tavole, e che oggi si chiedono a cosa sia servito, se manca qualsiasi forma di rispetto per chi manda avanti il paese con la propria, quotidiana fatica. Si manifesta da Sud a Nord, le fabbriche sono vuote. “I numeri di oggi dimostrano che lo sciopero è stato un successo anche nell’agroalimentare e che il governo non può ignorare l’alto tasso di adesioni registrato nelle aziende e le centinaia di migliaia di persone scese nelle piazze che meritano rispetto e vanno ascoltate – dichiara il segretario generale della Flai Cgil Giovanni Mininni -. È il segnale che i lavoratori hanno compreso e condividono i motivi della nostra lotta, la preoccupazione per il declino economico del Paese, il peggioramento della sanità pubblica e un fisco iniquo che condanna i salari del nostro settore a vedere erosi gli aumenti contrattuali fin qui conquistati. Ancora una volta, chiediamo a questo governo politiche contro la precarietà e il lavoro nero, e un impegno serio contro lo sfruttamento e il caporalato, che oggi anche il presidente Mattarella, che ringraziamo, ha definito un apice di inaccettabile illegalità”.

I numeri della Flai raccontano che in Gaudianello, Potenza, il 95% degli addetti ha incrociato le braccia; in Torre di Mezzo, Castrovillari, il 90%; in Granarolo, Bologna, 70%. Ancora: alla Afe Unacoa, Ferrara, 80%; Aprofruit, Forlì Cesena, 85%; Martelli, Mantova, 100%; Pastificio Granoro, Bari, 70%; Sammontana, Empoli, 100%; Birra Peroni, Padova, 74,66%; Cogepa, Palermo, 100%, Lavazzza, Torino, 80%. 

Decine e decine di migliaia nelle città più grandi, migliaia anche nei piccoli centri. L’Italia si ferma nel giorno dello sciopero generale di Cgil e Uil contro la manovra economica del governo. Più di quaranta cortei lungo l’intero stivale, bandiere rosse della Cgil e bandiere blu della Uil, la Flai e tutte le altre categorie delle due confederazioni rispondono all’appello, insieme agli studenti che non vogliono diventare nuovi cervelli in fuga, e alla galassia di associazioni che camminano sulla Via Maestra. Quella dei diritti da difendere e rivendicare, della nostra Costituzione nata dalla resistenza al nazifascimo che deve essere applicata. Spiccano i tanti, tantissimi drappi arcobaleno e i colori della martoriata Palestina, perché la pace è una necessità per chi chiede giustizia sociale. Un mondo che fatica a trovare spazio in tv e sui giornali, e che si trova di fronte a un governo sordo a ogni grido di allarme che arriva dalla sanità, dalla scuola, dall’enorme sacca di precarietà diventata negli anni una patologica normalità. ‘Siamo qui anche per chi non può scioperare, c’è scritto su un cartello portato da una ragazza più fortunata dei sui coetanei e delle sue coetanee obbligati ad andare a lavoro perché precarie e ricattabili. Al pari di chi è stato costretto da ‘Precetto Laqualunque’ Matteo Salvini a non incrociare le braccia. Nelle piazze in centinaia di migliaia, ancor più del mezzo milione annunciato da Maurizio Landini, per “rivoltare questo paese come un guanto, per un paese diverso possibile con zero evasione fiscale, zero precarietà, zero morti sul lavoro, zero sfruttamento, zero lavoro nero”. “Fondamentalisti? – chiede il segretario generale della Cgil – Stufi di pagare le tasse anche per chi le evade o sfrutta i condoni di questo governo”. Non è che l’inizio, la mobilitazione del paese andrà avanti. Perché il vaso, già colmo, è traboccato. 

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