Enrico Somaglia (Effat): Ci aspettano tempi duri in Ue, bisogna mobilitarsi in fretta

Svolta a destra della Commissione europea, accordo Ue-Mercosur, guerra e transizione ecologica. Ne parliamo con Enrico Somaglia, da poco eletto Segretario generale dell’Effat, la Federazione europea dei sindacati per l’alimentazione, l’agricoltura e il turismo.

Come sta l’Ue, rispetto alla tutela dei suoi lavoratrici e lavoratori?
È un momento estremamente complesso. La scorsa legislatura ha determinato passi in avanti sostanziali nella politica sociale europea. Penso alla direttiva sul salario minimo, alla condizionalità sociale nella Pac, alla direttiva sulla due diligence, o a quella sul divario salariale di genere. Il gender pay gap nei nostri settori raggiunge anche il 32%, vedi il caso dell’agricoltura spagnola. Sono state tante le iniziative che hanno rilanciato l’agenda sociale europea, cambiando anche radicalmente la narrazione dominante sui salari dopo gli anni dell’austerity.

In pochi mesi però, lo scenario è drammaticamente cambiato…
Già, l’agenda sociale che la nuova vice presidente esecutiva Roxana Minzatu sarà chiamata ad implementare è estremamente meno ambiziosa di quella del suo predecessore Nicolas Schmit. I trend che osserviamo sono quattro: un arretramento dal punto di vista della politica sociale e ambientale, un approccio duro e oserei dire criminale sui temi dell’immigrazione, l’intenzione di investire maggiormente nell’industria bellica e una pericolosa deregolamentazione che provano a far passare come semplificazione e taglio della burocrazia.

C’è dunque il rischio che le conquiste della scorsa legislatura vengano perse?
L’Avvocato generale della Corte di giustizia europea ha chiesto la cancellazione totale della direttiva sul salario minimo e la contrattazione. Il ricorso era stato promosso dalla Danimarca con il sostegno di sindacati e imprese. La Corte deciderà nei prossimi mesi, ma, se l’opinione dell’Avvocato generale dovesse essere confermata, si tratterebbe di uno tsunami per il movimento sindacale europeo. Con un colpo di spugna si cancellerebbe quella che è di fatto la misura legislativa più ambiziosa da sempre nella politica sociale europea. Allo stesso tempo rischiamo di perdere pezzi importanti della direttiva sulla due diligence, che corre il rischio di essere presa di mira dalla Commissione nel processo di “semplificazione” che sta lanciando. Ci aspettano tempi molto duri.

Nel frattempo, l’Ue si occupa sempre più di riarmo, in uno scenario tragico di guerre che imperversano…
Finalmente si è raggiunto un cessate al fuoco a Gaza, nonostante sia costato moltissimo in termini di vite umane e nonostante appaia estremamente fragile. Ciò che è avvenuto a Gaza in questi mesi è una delle più grandi vergogne che peserà per sempre sulle generazioni attualmente in vita. Come Effat crediamo sia assolutamente urgente che l’Unione Europea faccia di più per raggiungere soluzioni pacifiche e a lungo termine negli attuali teatri di guerra, dall’Ucraina al Medio Oriente. Ogni euro speso in armamenti sarà inevitabilmente un euro in meno speso per la transizione giusta, per la politica agricola comune, per il welfare e la politica sociale. Questa rappresenta per noi una chiara linea rossa.

L’accordo Ue-Mercosur alimenta concorrenza sleale e dumping sociale a danno dell’agricoltura italiana, oltre agli aspetti dannosi per l’ambiente. Siamo ancora in tempo per bloccarlo?
La partita sul Mercosur non è conclusa, ma occorre mobilitarsi ancor di più e farlo in fretta. Dopo l’accordo finale raggiunto a dicembre tra le parti, il testo sarà presentato al Consiglio e al Parlamento. La Francia, che si è sempre dichiarata contraria all’accordo, sta cercando alleati per ottenere una minoranza di blocco in seno al Consiglio che si verificherebbe con il voto contrario di almeno 4 Stati membri in rappresentanza di più del 35% della popolazione dell’Unione. Austria e Olanda sembrano confermarsi contrari. L’Italia rappresenta in questo senso l’ago della bilancia per il destino dell’accordo. Poi la palla passerà al Parlamento Europeo che voterà a maggioranza assoluta. E in seguito dovrebbe toccare ai parlamenti nazionali (e talvolta regionali).

Capitolo transizione ecologica. Come si possono conciliare sostenibilità ambientale e sociale?
Attraverso una transizione giusta che tenga conto della sua dimensione sociale. La transizione ecologica non potrà mai realizzarsi senza il sostegno dei lavoratori e dei loro sindacati. Per quanto riguarda i nostri settori occorre poi iniziare da quei problemi strutturali che determinano incredibili disuguaglianze lungo la filiera agro alimentare. Occorre regolare il potere della grande distribuzione, limitare la speculazione nei futures alimentari, limitare il processo di concentrazione che si realizza in ogni step della filiera. Infine occorre combattere la finanziarizzazione dei nostri settori e il potere crescente dei fondi di investimento e speculativi che investono nel settore agro alimentare sconvolgendone completamente l’obiettivo primario, che dovrebbe essere quello di nutrire in modo sostenibile una popolazione di 8 miliardi di persone.

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