Grevepesa, la lotta della Flai illumina la cantina con le sue botti di Chianti

Un panino al prosciutto e un bicchiere di Chianti. Quello con il Gallo Nero, prodotto anche nelle cantine del Grevepesa, per festeggiare una vertenza che è finita bene, una lotta che ha pagato.  “Licenziamenti ritirati”, esulta Giusva Battistoni, delegato sindacale della Flai Cgil, che ha rischiato di perdere il lavoro insieme a una ventina di suoi colleghi. Un autentico paradosso in una regione come la Toscana, votata al vino di qualità e capace di esportarlo ai quattro angoli del pianeta. Per i lavoratori della Cantina Castelli del Grevepesa di San Casciano è stato un bel Natale, con la revoca del provvedimento di licenziamento collettivo da parte di una delle cooperative più importanti del settore vinicolo nel Chianti, con quasi un centinaio di soci. “Il 31 ottobre scorso era arrivata la doccia fredda – racconta Battistoni – La notizia del licenziamento collettivo era stata un fulmine a ciel sereno. Non era una novità che gli affari non andassero troppo bene, chi ci lavora certe cose le capisce. Abbiamo assistito a un lento declino, la realtà aziendale non è stata gestita in modo ottimale e professionale, non è stato fatto niente per invertire la rotta. Sono state solo sprecate energie e perso tempo e denaro. Ma nessuno si aspettava che da un momento all’altro la Castelli del Grevepesa avviasse la procedura di mobilità. Per questo a novembre abbiamo manifestato davanti ai cancelli della cantina e spiegato quello che ci stava succedendo”. Hanno fatto arrabbiare parecchio la poca chiarezza, e la volontà di liberarsi quanto prima di lavoratori che, anche in un momento di grande difficoltà della cooperativa, avevano lavorato per supportare il periodo della vendemmia, che è un momento particolarmente delicato in tutto il ciclo produttivo.

Ma la procedura di composizione negoziata della crisi, con un’offerta vincolante a cui era collegata, non ha avuto un buon esito. Comunque non è mai troppo tardi per ripensarci, perché dopo due mesi di patèmi la cooperativa ha anche illustrato al sindacato la volontà di impegnarsi perché venga data continuità al sito produttivo e salvaguardati i posti di lavoro sul territorio. “La nostra mobilitazione ha portato risultati – tiene a ribadire Battistoni – la lotta ha pagato. Dipendenti e sindacato non riuscivano a spiegarsi come avessero deciso di licenziare, soprattutto nel corso di una fase negoziale. Adesso però è arrivata la buona notizia, niente più licenziamenti e il lavoro riprenderà come e meglio di prima”.

Castelli del Grevepesa compirà 60 anni il prossimo anno, era nata nel 1966, quando il commercio del vino, pur fiorente, era ancora al livello ‘artigianale’, senza quella vocazione alle esportazioni che ha portato nell’ultimo mezzo secolo ad un autentico boom del vino toscano, Chianti e Brunello in testa, ma senza dimenticare le eccellenti produzioni costiere, dalla Maremma alla Val di Cornia fino a Bolgheri.  Oggi la cooperativa del Chianti, guidata dal presidente Lussorio Porcu e dal direttore Alessandro Cardini, è una realtà da 2 milioni di bottiglie annue e da quasi 8 milioni di euro di fatturato. Una cantina con marchi importanti, riconosciuti e apprezzati a livello internazionale, con una propria rete vendita ben strutturata da anni. “Sono stati fatti accordi con le banche per ridurre i debiti contratti – sottolinea Battistoni – errori del management sicuramente ci sono stati, ma è anche vero che in genere le cooperative non hanno una vita facile”.

Il delegato sindacale della Flai Cgil lavora alla Castelli da otto anni: “Ma l’anzianità di servizio per molti colleghi è di 25 anni – puntualizza – per loro è stato il primo e unico impiego. Il lavoro di una vita. La nostra è stata una delle prime cantine a imbottigliare il Chianti Classico, quello che viene prodotto in un territorio tutto sommato piuttosto ristretto, a cavallo tra le province di Firenze e di Siena. Oggi ormai il vino lo fanno in tutte le parti del mondo, il problema resta sempre quello della qualità del prodotto. E non tutti, soprattutto in questi anni segnati dalla crisi e dalla pandemia, si possono permettere un vino da 10 euro al litro. Il vino che molti mettono in tavola tutti i giorni è quello delle produzioni industriali, venduto in box da 3 a 5 litri”.

La proprietà dei vitigni è dei soci della cantina, sono loro ad avere le tenute agricole con le vigne, alla Castelli arriva l’uva appena vendemmiata, e lì viene lavorata e poi imbottigliata. Battistoni vede il futuro meno scuro di quanto lo sia stato il 2024, culminato con la richiesta di sottoscrivere licenziamenti ottenendone in risposta un garbato ma netto rifiuto. “Io mi sono rifiutato di firmare il licenziamento collettivo e con i colleghi sono andato davanti ai cancelli. La protesta è stata unanime, e per una volta abbiamo vinto noi. Non succede sempre, anzi”. Ma è di buon auspicio per questo 2025 appena arrivato. Bicchieri in alto, viva il Chianti Classico. Dal 23 gennaio prossimo il lavoro potrà andare avanti scongiurando l’interruzione della produzione e i licenziamenti, grazie all’accordo con la cantina sociale Colli Fiorentini.

Frida Nacinovich

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