Il caso di Latina e i rischi dei pesticidi in agricoltura

In Europa si registrano 1,6 milioni di casi di avvelenamento acuto tra gli agricoltori ogni anno. La vicenda della possibile intossicazione di un lavoratore nell’Agro Pontino riaccende i riflettori sul tema

Poche settimane fa a Latina, un lavoratore agricolo indiano di 46 anni ha subito l’amputazione di una gamba, si sospetta per una grave necrosi agli arti inferiori causata dall’esposizione prolungata a prodotti chimici utilizzati nel suo contesto lavorativo.

Una tragedia che ha riacceso i riflettori su un tema delicato e importante come l’utilizzo dei pesticidi in agricoltura e sulle conseguenti ricadute sulla salute dei lavoratori e degli stessi consumatori. La Flai denuncia da tempo l’impatto devastante di questi agenti chimici sul nostro ambiente e l’Osservatorio Placido Rizzotto ha pubblicato lo scorso anno un quaderno di approfondimento dedicato proprio a questo tema dal quale emergeva che ogni anno milioni di ettari di terra coltivabile vengono persi proprio a causa dell’uso eccessivo di fertilizzanti e pesticidi chimici, con circa il 25% dei terreni fertili già compromessi a livello globale. Il suolo, infatti, se sottoposto a trattamenti aggressivi, perde produttività e si desertifica. Continuando così, circa il 70% delle terre emerse rischia di diventare improduttivo, e per questo appare essenziale un cambio di rotta per garantire la sostenibilità dell’agricoltura.

L’uso di pesticidi è aumentato del 50% dal 1990, con oltre 4,2 milioni di tonnellate usate nel 2019. L’Europa, pur avendo aumentato il consumo meno rispetto ad altri continenti, rimane un grande esportatore di pesticidi, inclusi quelli vietati nel proprio territorio. L’Italia è al sesto posto tra i maggiori utilizzatori, con 114.000 tonnellate l’anno, di cui molte sostanze vietate che ritornano nel Paese attraverso prodotti importati.

Negli ultimi 50 anni, sono stati introdotti circa 10 milioni di formulati diversi di pesticidi, senza un adeguato ritiro di quelli più pericolosi. Spesso la loro composizione è segreta, rendendo difficile comprendere l’effettiva esposizione e i rischi per la salute. Studi scientifici, come quello dell’Istituto Ramazzini, hanno dimostrato che i formulati sono spesso più pericolosi dei principi attivi stessi. L’esposizione ai pesticidi può avvenire per contatto diretto o attraverso cibo e acqua, e rappresenta un problema di salute pubblica.

I lavoratori agricoli sono tra i più colpiti dagli effetti nocivi, con il 44% che subisce almeno un avvelenamento annuo. In Europa si registrano 1,6 milioni di casi di avvelenamento acuto tra gli agricoltori ogni anno. Inoltre, molti pesticidi sono associati a gravi patologie come tumori, malattie cardiovascolari, disturbi endocrini e riproduttivi. Il Mancozeb, ad esempio, è stato vietato in Europa solo dopo 20 anni, nonostante le prove della sua cancerogenicità.

Le donne sono particolarmente vulnerabili agli effetti dei pesticidi, con un aumento di patologie specifiche come cancro al seno e disturbi ormonali. I residui di pesticidi si diffondono nell’ambiente attraverso la deriva e contaminano aria, acqua e alimenti, arrivando persino nel cordone ombelicale e nel latte materno.

L’esposizione cronica ai pesticidi riguarda l’intera popolazione, essendo questi composti presenti nell’ambiente e nella catena alimentare. Il glifosato, tra i più diffusi erbicidi, è sospettato di essere cancerogeno per l’uomo e dannoso per la biodiversità, con effetti tossici documentati anche sulle api. L’esposizione prolungata ai pesticidi è correlata a numerose patologie, tra cui cancro, diabete, malattie cardiovascolari, neurodegenerative e disfunzioni metaboliche. I rischi sono maggiori nelle fasi precoci della vita, con effetti neurotossici significativi.

I pesticidi possono alterare la neurotrasmissione, inibendo enzimi chiave come l’acetilcolinesterasi e causando danni al sistema nervoso. L’esposizione è associata a un incremento del rischio di Parkinson (+62% secondo una metanalisi del 2012), Alzheimer e Sclerosi laterale amiotrofica. Studi epidemiologici evidenziano una maggiore incidenza di deficit cognitivi e disturbi neuropsichici in aree agricole con elevata contaminazione da pesticidi.

Particolare attenzione è rivolta agli effetti sul cervello in sviluppo: l’esposizione in utero è collegata a disturbi dello spettro autistico, deficit di attenzione, dislessia e riduzione del quoziente intellettivo. I pesticidi lipofili si accumulano nel cervello fetale, contribuendo a una “pandemia silenziosa” di disturbi neurocomportamentali nell’infanzia.

L’Unione Europea coerentemente con questi studi aveva pensato di adottare percorsi per ridurre del 50% l’uso di pesticidi entro il 2030 nell’ambito della strategia Farm to Fork, purtroppo però la cosiddetta “protesta dei trattori” e, soprattutto, la volontà dei grandi player della produzione agricola europea hanno determinato una drastica marcia indietro da parte della Commissione che ha abbandonato la riforma sull’utilizzo dei pesticidi. La protezione della salute dei lavoratori agricoli e della popolazione deve essere una priorità assoluta, evitando che il profitto prevalga sulla sicurezza. È necessario informare correttamente i cittadini, garantire l’applicazione delle leggi esistenti per tutelare la salute pubblica e l’ambiente e soprattutto riprendere la strada interrotta del Green deal.

Osservatorio Placido Rizzotto

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