Voucher. Galli, testo in Commissione pone forti criticità per agricoltura

“Il testo passato in Commissione Bilancio alla Camera, “Disciplina delle prestazioni occasionali Libretto di famiglia, Contratto di prestazione occasionale”, oltre a rappresentare come già detto un atto gravissimo nei confronti di chi si era espresso per abolire i voucher, pone delle forti criticità per il settore agricolo”. Lo dichiara Ivana Galli, Segretario Generale Flai Cgil.
“Nel testo passato in Commissione, per l’agricoltura è vietato il ricorso al contratto di prestazione occasionali, salvo che per le attività svolte da soggetti non iscritti l’anno precedente negli elenchi anagrafici, che siano titolari di pensione, giovani con meno di 25 anni regolarmente iscritti a un ciclo di studi, disoccupati, percettori di prestazioni integrative del salario/prestazioni di sostegno al reddito. Il riferimento alla categoria dei disoccupati, amplia pericolosamente la platea di lavoratori che possono essere impiegati in agricoltura. Inoltre, per l’agricoltura si introduce un limite di durata pari al rapporto tra 2500 euro e la retribuzione oraria prevista dal contrattazione collettiva. E’ da rilevare che in agricoltura la durata massima della prestazione sostanzialmente equivale ad un normale rapporto di lavoro a tempo determinato. Ad esempio il limite di ore per un soggetto con una retribuzione di 9 euro è 277 (pari a circa 42 giornate lavorative di 6.5 ore); se invece consideriamo una giornata di lavoro di 4 ore e una retribuzione oraria di 7 euro, sarà possibile per il prestatore effettuare 89 giornate di lavoro equivalenti ad una campagna di raccolta. E potremmo proseguire con esempi a dimostrazione, senza possibilità di essere smentiti, che il ricorso al contratto di lavoro occasionale, avrebbe come conseguenza la “decontrattualizzazione” del rapporto di lavoro. In agricoltura con il contratto a tempo determinato si può assumere anche per una sola giornata di lavoro. Inoltre – conclude Galli – il contrasto all’utilizzo irregolare prevede solo una sanzione amministrativa, la sanzione minima è di 500 euro quindi se un’impresa non comunica la presenza di un voucherista, pagherebbe una sanzione che può essere ridotta ad un terzo e cioè 166,66 euro, un rischio che certamente non crea preoccupazione. Di fatto ci troviamo di fronte anche ad un tentativo di aggiramento della Legge 199 di contrasto a sfruttamento e caporalato, che a parole tutti rivendicano ma poi si rincorre alla ricerca dei voucher. Infine, nei confronti dei lavoratori stranieri, la computabilità del compenso percepito dal lavoratore, anche con i voucher, ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno, può aumentare il ricorso a forme di sfruttamento già fortemente presenti in agricoltura, inducendo, di fatto, il lavoratore ad accettare forme di lavoro con minori garanzie e più precarie con il “ricatto” del permesso di soggiorno”.

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