55° anniversario dei Fatti di Avola – “La lotta è dura e lunga ancora”

Valeria Cappucci

Sono all’undicesimo giorno di sciopero i braccianti siracusani e l’intervento armato della polizia altro non è che il tentativo delle forze agrarie di spezzare il movimento rivendicativo, di dare una lezione a tutti i braccianti del paese e di raffermare l’autoritarismo padronale. Giuseppe Scibilia e Angelo Sigona vengono uccisi. Si contano quasi 50 feriti. 

Dopo l’eccidio, lo sciopero continuerà compatto divenendo una poderosa lotta di protesta e di solidarietà di tutta la classe lavoratrice.

Nelle pagine di Lotte agrarie troviamo la testimonianza di Giuseppe Denaro, sindaco di Avola:

“Lunedì 2 dicembre viene dichiarato lo sciopero generale ad Avola. Tutto il paese di ferma: uffici, banche, negozi, scuole, poste, cantieri, bar, circoli. La situazione rimane però tranquilla, non si verifica alcun incidente. Verso le ore 8 ricevo una telefonata dal prefetto, il quale mi annunzia che sarebbero arrivate ad Avola forze di pubblica sicurezza per eliminare il blocco stradale. Non c’era blocco, ma alcune decine di persone come al solito sedute sulla strada ed altre decine o centinaia ai margini della strada e in vari capannelli. Scongiuro il prefetto di non inviare la polizia perché la situazione potrebbe precipitare. 

Verso le 11 arriva nei pressi del bivio Lido di Avola il contingente della celere che rimane fermo sino verso le 13.30. Parlo con il vicequestore invitandolo a non fare atti che possano far precipitare la situazione: il vicequestore mi risponde che ha ricevuto ordine di sgomberare il campo per passare e che deve mettere in esecuzione l’ordine. Lo prego di attendere per darmi il tempo di telefonare al prefetto. Dico al prefetto che la situazione è sempre più delicata in quanto si stanno dirigendo

sul posto donne e bambini. Lo invito a far ritornare indietro la polizia. Il prefetto mi risponde che l’ordine è stato dato: la polizia deve passare. Quindi mi invita a cingere la sciarpa tricolore e collaborare «per il ripristino della legalità». Gli rispondo che mi recherò sul posto per tentare di scongiurare ciò che poi è avvenuto. Dai locali del commissariato di pubblica sicurezza parlo via radio con il vicequestore, che comanda le forze di polizia al bivio di Avola Lido. Lo prego di attendere il mio arrivo sul posto nella speranza di impedire il peggio. Mi avvio, ma quando arrivo trovo già i commissari con la sciarpa tricolore pronti a dare gli ordini e gli agenti che, scesi dalle auto, avevano messo gli elmetti e si preparavano ad innescare le bombe lacrimogene nei fucili. Cerco di fermarli, ma mi si impone di allontanarmi e di mettermi da parte. Contemporaneamente vengono suonati gli squilli di tromba e lanciate le bombe lacrimogene. Volano sassi e si spara da parte degli agenti.

Le sequenze sono così istantanee, addirittura fulminee, che non è possibile dare la precedenza

all’una o all’altra azione. È da sottolineare che il fuoco è durato a lungo, 25 minuti circa; che le pietre sulla strada, che si sono poi viste in televisione, sono state messe successivamente dai braccianti per evitare l’inseguimento da parte della forza di polizia con gli automezzi”.

Dopo poco più di mese dalla strage, il Ministro del lavoro Giacomo Brodolini si recherà ad Avola, a visitare le famiglie dei caduti. Nella sala del consiglio comunale di Avola, davanti ai cittadini avolesi, pronunciò un vibrante discorso, impegnandosi per l’attuazione dello statuto dei diritti dei lavoratori: “Ciò deve significare innanzi tutto stroncare la inumana, medievale e incivile pratica dell’ingaggio di piazza della mano d’opera. I lavoratori non sono bestiame, i lavoratori sono uomini partecipi di un processo di sviluppo, di rinnovamento e di democratizzazione delle strutture del vecchio stato liberale. Dobbiamo vedere in essi i protagonisti rispettati di una nuova era dei rapporti sociale e della storia, e di sopprimere questa forma illegale di collocamento; vuol dire anche eliminare per sempre dalla vostra provincia la figura del «caporale»; una così detta figura non è più tollerabile come uno dei pilastri della struttura proprietaria siciliana. Desidero dire che le attività illegittime di chi pratica il mestiere di «caporale» lo rendono perseguibile da parte della legge. Come tale il «caporale» va posto ai margini della società, insieme a tutti coloro i quali concorrono a questo infame commercio.

[…] Questo episodio di Avola si scrive nella storia, tanto frequentemente punteggiata dalla tragedia e dalle lotte per il progresso della società. Giuseppe Scibilia e Angelo Sigona sono stati due combattenti caduti sul campo, due combattenti, appunto, della più nobile causa, della causa della classe lavoratrice. Ma noi dobbiamo, noi tutti che abbiamo le responsabilità politiche e di governo, dobbiamo fare in modo che tali sacrifici non debbano più ripetersi”.

Per la strage di Avola non c’è mai stato un processo, non sono mai stati individuati i colpevoli, non sappiamo ancora tutta la verità. Anche e soprattutto per questo motivo è giusto e doveroso ricordarlo ancora … per non perdere la memoria di un tempo, non tanto lontano, in cui qualcuno pensava di risolvere i conflitti di lavoro sparando. 

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