Gennaio 1978, la Federbraccianti compiva trent’anni. «Siamo soggetti politici, non distributori di reddito»

Settantasette anni fa nasce a Ferrara la Federbraccianti. Nel trentesimo anniversario dalla sua fondazione, Luciano Lama sottolinea l’impegno dei lavoratori delle campagne nel superare una prospettiva ristretta, legata solo agli interessi della categoria, per misurarsi in senso ampio con la politica

Tra il 25 e il 29 gennaio del 1948, nasceva a Ferrara la Federbraccianti, portando avanti l’opera della Federterra. La costituzione della Federazione nazionale dei braccianti era stata decisa al primo congresso della Confederterra nel 1946, insieme a quella delle altre organizzazioni di categoria che confluivano nella Confederazione generale dei lavoratori della terra.

È il periodo in cui si registrano le stragi di Melissa, Montescaglioso, Molinella e tante altre località. Sono anni in cui centinaia di dirigenti, lavoratrici e lavoratori vengono arrestati, processati, condannati, uccisi. Un enorme tributo di sangue per l’emancipazione sociale e politica delle campagne, per il rinnovamento dell’agricoltura, per far avanzare democrazia e libertà.

Dirà Giuseppe Di Vittorio in occasione del terzo congresso nazionale: «Noi abbiamo compiti molto duri. Siamo una classe che sta indietro a tutte, siamo alla base della piramide sociale, però quando avanziamo noi sconvolgiamo tutta la piramide, tutta la società, spingendola avanti – è un compito di carattere storico, elevato, appassionante, il progresso dei braccianti è condizione per il progresso generale di tutta la società nazionale e noi dobbiamo compierlo questo progresso».

La Federbraccianti per quarant’anni ha avuto un ruolo incisivo nella lotta contro lo sfruttamento e il servaggio nelle campagne, contro l’autoritarismo e contro le organizzazioni malavitose.

In occasione del trentesimo anniversario dalla sua fondazione, la Federbraccianti a tutti i livelli organizza iniziative e convegni con il preciso obiettivo non soltanto di celebrarne la storia e il glorioso protagonismo ma anche – riprendendo le parole del compagno sindacalista Feliciano Rossitto – per condividere «un importante momento di verifica, sulla base della storia, del ruolo presente ed anche futuro di questa categoria e del suo sindacato in relazione ai problemi e alle prospettive aperte oggi per i lavoratori italiani e per il loro movimento sindacale».

In un articolo dello storico del movimento operaio Idomeneo Barbadoro, pubblicato all’interno di un inserto speciale di Rassegna sindacale e Lotte agrarie dedicato proprio al trentesimo anniversario della categoria, qualifica la Federbraccianti come «la legittima erede di un cospicuo patrimonio di coscienza sindacale e di classe, di esperienze associative, di realizzazioni e di lotte, innestando sulla continuità il superamento dei vecchi limiti, sia di presenza sul territorio – assumendo cioè un’autentica dimensione nazionale – sia principalmente di impostazione in particolare dei rapporti con gli altri strati di lavoratori delle campagne. E ha saputo non solo gestirlo ma arricchirlo, in condizioni difficilissime, connesse alle conseguenze della guerra e alle remore alla fusione di differenti tradizioni alla politica fascista della sbracciantizzazione».

Nelle carte del nostro archivio storico – oltre alla documentazione prodotta dai territori – troviamo gli atti del comitato direttivo nazionale che, in occasione del trentennale, si è riunito al Campidoglio nel dicembre del 1978 in seduta pubblica. Tra gli interventi Giuseppe Caleffi, ex segretario generale della categoria, ricorda la rilevanza della celebrazione e il valore del recupero della memoria storica non per esaltare l’identità ma per mettere in evidenza le esperienze più importanti del passato e farle rivivere nell’iniziativa e nella lotta di ogni giorno. C’è un tema che ritroviamo sia nella relazione e nelle parole di Donatella Turtura sia in quelle di Luciano Lama ed è l’impegno dei braccianti a superare la visuale ristretta, legata esclusivamente agli interessi della loro categoria, il misurarsi con la politica nel senso più ampio del termine.

«[…] i braccianti e l’intero movimento sindacale sanno di essere una forza che conta anche nella lotta politica nazionale se non si rinchiudono nel cosiddetto sociale per fare il proprio mestiere, per limitarsi cioè a gestire contratti e salari rinunciando ad intervenire nelle grandi scelte della vita politica ed economica. Non è questa la tradizione dei braccianti, i quali sanno che un tal passo indietro significherebbe ridursi a una pura funzione di distributore del reddito, in una condizione di subordinazione, di dipendenza, dalle decisioni del potere politico. La Federbraccianti, anche nei periodi più duri, non ha mai rinunciato a essere soggetto politico. Anche quando i rapporti di forza erano avversi e le possibilità di trasformazione sociale estremamente limitate, il quadro politico del tutto ostile, i braccianti hanno lottato per conquistare nuovi rapporti di forza, per intervenire nella vita politica facendo valere ragioni di classe che erano insieme una espressione dell’interesse nazionale al progresso e all’avanzamento sociale». Parole di cui, forse, abbiamo bisogno anche oggi e più di ieri.

Valeria Cappucci

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