Morato pane, come sfornare più diritti 

Dopo 33 anni di tavoli separati, a luglio scorso è stato siglato un più moderno e aggiornato contratto collettivo unico di lavoro per la panificazione. “Benissimo, ma i contratti devono essere anche applicati”, dice subito Stefano Menegazzo, segretario vicentino della Flai Cgil, pronto a portare le rosse bandiere del sindacato dell’agroindustria di fronte allo stabilimento Morato, ad Altavilla Vicentina. Il panificio, nato cinquantaquattro anni fa in una piccola bottega di Vicenza, è diventato nel tempo un’importante realtà produttiva del settore, capace di diversificare e estendere le sue produzioni sull’intero territorio della penisola. “In Morato la Flai è presente da decenni, con delegate e delegate sindacali – sottolinea Menegazzo – Chiediamo all’azienda di applicare puntualmente il contratto della panificazione. Purtroppo la direzione da quell’orecchio non ci sente, non è neppure affiliata all’associazione datoriale Federpanificatori, al tavolo di trattativa si fa rappresentare dalla Confindustria locale”. Il segretario della Flai fotografa lo stato delle cose con una battuta: “Gli industriali erano talmente poco informati sul contratto della panificazione appena rinnovato, che ho suggerito loro di iscriversi al sindacato per sapere come stanno le cose”. Come canta Vasco Rossi, ‘Cosa succede in città’. Certo, il mondo della panificazione è una piccola giungla di contratti diversi, dove bisogna sempre lottare, anche per veder applicati accordi recentissimi come quello del luglio scorso. “Morato pane non riconosce la validità dell’accordo – prosegue Menegazzo – il confronto non è facile, diventa accesso. Se loro rispondono per iperboli, non mi faccio impressionare”. Il sindacalista pensa ai vantaggi economici e anche normativi offerti dal nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro del settore. Come dicevano gli antichi, hic manebimus optime, da qui non ci spostiamo. “280 euro di aumento salariale per cercare di ridurre il gap fra panificazione e industria. Abbiamo convocato un’assemblea, che è stata affollatissima, lo stabilimento di Altavilla Vicentina conta più di 200 dipendenti, stiamo parlando di soldi che spettano a lavoratrici e lavoratori per arrivare a fine mese, dopo che negli ultimi anni l’inflazione ha eroso non di poco il loro potere di acquisto”. Non è facile mettere tutti i lavoratori d’accordo, soprattutto se l’azienda li blandisce con incentivi una tantum, e anticipi in busta paga nell’attesa di nuove trattative. Arriva un’offerta di 100 euro di aumento subito e c’è chi è tentato di sottoscrivere. Ma Menegazzo insiste: “Dobbiamo portare a casa quello che ci spetta, né più né meno. Non abbiamo paura di rompere. Prepariamo un comunicato sindacale che boccia l’offerta dell’azienda. Siamo pronti a venire con le nostre bandiere ai cancelli di Morato, proclamiamo lo stato di agitazione e il blocco degli straordinari”. Ferragosto di fuoco, non solo climaticamente, perché bloccare la produzione di un bene primario come il pane ha effetti ben visibili sull’intero territorio, un boccone amaro da buttar giù. “Così ci convocano urgentemente, viene anche la delegata Flai della Rsu, Debora Petrelli. Ci sediamo attorno a un tavolo che non esiste. ‘Cosa volete?’, chiedono. ‘Tutto quel che prevede il contratto’. ‘Non vi riconosciamo niente’”. Il sindacato affigge le bandiere ai cancelli e avvia la mobilitazione. Passano pochi minuti e il management chiama per chiedere di interrompere lo stato di agitazione e riprendere la trattativa. La risposta è invariabilmente la stessa: “Cosa vogliamo per togliere le bandire? La stessa cosa che volevo un’ora fa: il riconoscimento e l’applicazione del contratto collettivo nazionale dei panificatori e affini in tutti i suoi aspetti normativi ed economici, e tutti gli arretrati”. Obiettivo raggiunto, via le bandiere: l’azienda comunica ai dipendenti che il contratto dal 1 ottobre sarà recepito nella sua interezza, con tanto di arretrati. 

Tutto è bene quel che finisce bene, dunque? Non ancora. “Ci chiama Confindustria – ricorda Menegazzo – per spiegarci di avere scherzato. ‘Non sapevamo gestire la situazione, ci avete preso con la pistola alla tempia’, ci dicono. Noi non indietreggiamo di un millimetro, ci sono telefonate su telefonate. Alle fine in assemblea arriva un testo che tra arretrati, ricalcoli, aumenti non solo rispetta il contratto ma lo estende a tutto il personale senza distinzioni, anche somministrato”. Alla fine la lotta sindacale paga, cartolina di una mobilitazione riuscita per arrivare ad ottenere quel che spettava di diritto. Le bandiere della Flai Cgil di Vicenza non vengono ammainate, e si trasferiscono a poca distanza, di fronte allo stabilimento Italgelato, dove è in corso un duro braccio di ferro con la proprietà per salvare il lavoro. 

Frida Nacinovich

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