Lavoro agricolo, click day per gli stagionali stranieri. Flai: Va abolita la Bossi-Fini e riscritta la normativa sull’immigrazione

In occasione del “click day” del decreto Flussi programmato per oggi, in cui si possono presentare le domande di ingresso per lavoratori stranieri stagionali anche per il settore agricolo, il capo dipartimento Politiche migratorie Flai nazionale Matteo Bellegoni e il segretario generale Flai Toscana Mirko Borselli fanno il punto sulle urgenze da affrontare sul fronte immigrazione e lavoro in agricoltura

All’alba di un nuovo click day, scopriamo puntualmente il valore fondamentale del lavoro svolto dalle lavoratrici e dai lavoratori stranieri nel nostro Paese.

Non solo l’inverno demografico in corso – uno studio del 2023 effettuato dalla Fondazione Di Vittorio che, in proposito, ci dice che nel 2043 la popolazione in età da lavoro (15-64 anni) sarà inferiore di 6,9 milioni di persone e che per contrastare almeno parzialmente questo fenomeno l’attuale saldo migratorio dovrebbe aumentare di almeno 150 mila persone all’anno – ma il costante grido d’allarme lanciato dalle associazioni datoriali lo conferma. 

Il peso di tale fenomeno è ancor più evidente nel settore agricolo, dove nel 2023 erano 249.331 i lavoratori extracomunitari impegnati. Nel periodo 2014-2023 il peso dei lavoratori extracomunitari in agricoltura è passato dal 14,7% del 2014 al 25,1% del 2023. 

Tra le regioni in cui è esponenzialmente cresciuto il contributo dei lavoratori stranieri vi è sicuramente la Toscana. Per questo condividiamo pienamente le preoccupazioni espresse in questa Regione dalle organizzazioni dei datori di lavoro.

È innegabile che il fabbisogno di manodopera sia difficilmente esauribile attraverso il meccanismo dei flussi che, ancora oggi, vede il prevalere di una logica “politica”, e non invece pragmatica, nell’assegnazione delle quote.

Nonostante poi l’ulteriore intervento del governo, attraverso il recente Dl 145 del 2024 (il cosiddetto decreto flussi, ndr), i meccanismi burocratici contribuiscono a rendere ancora più complicato ottenere lavoratori attraverso tale canale.

Certo ci sono diverse azioni che andrebbero attuate, come modificare il meccanismo di assegnazione delle quote, rendendo ancora più centrale il ruolo delle parti sociali; alleggerire ulteriormente le incombenze burocratiche; rendere effettiva la conversione dei permessi di soggiorno, già prevista della nuova normativa, per evitare che i lavoratori si ritrovino d’improvviso irregolari sul nostro territorio e che dunque possano cadere più facilmente nella spirale dello sfruttamento e del caporalato.

Tutto giusto, necessario e condivisibile, ma la domanda da farsi è: vale la pena continuare a salvaguardare l’impianto di una normativa sull’immigrazione che consegna un dato chiaro e cioè che essa è punitiva verso centinaia di migliaia di donne e uomini ed è fortemente limitante per i tanti imprenditori sani che ormai, da anni, di stagione in stagione, sono alla disperata ricerca di manodopera?

È necessario abolire la legge Bossi-Fini e riscrivere una legislazione sull’immigrazione non solo improntata alla solidarietà, ma che sappia anche guardare a una logica di sviluppo per il nostro Paese.

Questo alla luce del fatto che avremo bisogno di centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori stranieri nei prossimi anni sia per mantenere gli attuali livelli produttivi sia per assicurare gli stessi di livelli di welfare, a partire dal sistema pensionistico che, come è ben noto, è solidaristico e quindi abbisogna di un numero adeguato di lavoratori in forza per poter pagare la pensione a chi meritatamente l’ha ottenuta.

Vi è poi una questione sociale non più rinviabile in un settore, come quello agricolo, che ha visto un valore aggiunto di oltre 40 miliardi di euro nel corso del 2023 (oltre i 2,5 miliardi in Toscana): non è più tollerabile che il contributo essenziale alla creazione di questa ricchezza da parte dei lavoratori stranieri avvenga attraverso meccanismi di marginalizzazione, sfruttamento e costante ricatto.

Ecco perché è essenziale l’introduzione di nuovi strumenti come il permesso di soggiorno per ricerca lavoro ma anche il pieno funzionamento di quelli già esistenti, a partire dalla legge 199 del 2016, passando per i Consigli Territoriali per l’immigrazione (Cti).

Senza dimenticare che partendo dall’incrocio tra domanda e offerta di lavoro, dobbiamo rilanciare assieme alle associazioni datoriali il ruolo delle Sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità e quello dei Cti, perché sempre di più il tema dell’immigrazione diverrà fondamentale per lo sviluppo del territorio ed è quanto mai necessario superare la visione ideologica negativa che purtroppo ha afflitto la società e la politica negli ultimi tempi, mirando a valorizzare maggiormente le nostre risorse.

Matteo Bellegoni
capo dipartimento Politiche migratorie Flai Cgil nazionale

Mirko Borselli
segretario generale Flai Cgil Toscana

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