Trento, operai agricoli ancora in sciopero per i salari troppo bassi

Cattani, Flai Cgil: “Atteggiamento miope delle aziende. Meno soldi in tasca per i lavoratori, meno affari per le attività economiche”

I salari sono troppo bassi e il contratto collettivo di lavoro provinciale è fermo al 2021. Così, dopo il primo sciopero del 31 luglio scorso, con protesta sotto la sede locale della Coldiretti, gli operai agricoli del Trentino hanno incrociato ancora le braccia e si fermeranno nuovamente il prossimo 21 agosto, con presidio annunciato sotto la sede provinciale di Confagricoltura, nel pieno della campagna frutticola e all’inizio della vendemmia. Elisa Cattani, segretaria territoriale Flai Cgil, evidenzia come il problema sia rilevante: “Gli operai agricoli in Trentino sono 25mila e 1.500 euro lordi è lo stipendio medio mensile provinciale”. Troppo basso per far fronte a un costo della vita aumentato in maniera esponenziale dopo la fine della pandemia. I sindacati confederali di categoria chiedono un aumento del 5%, per recuperare il potere d’acquisto eroso dall’inflazione. Ma gli imprenditori non sono disposti a concedere più del 3%. Insomma le aziende, incalzano i sindacati, starebbero rifiutando un aumento sacrosanto. Atteggiamento miope per Cattani: “Meno soldi in tasca per i lavoratori, meno affari per le attività economiche”.

“La giornata di sciopero provinciale riguarda tutto il territorio e tutto il comparto – spiegano in un comunicato Cattani, Katia Negri di Fai Cisl e il funzionario di Uila Uil Fulvio Giaimo – È causata dallo stallo nelle trattative per il rinnovo del contratto collettivo provinciale, in particolare per quanto riguarda i salari. Le informazioni che ci arrivano da delegate e delegati del comparto, ci confermano una massiccia adesione nelle loro realtà lavorative. Questo in un momento che per l’agricoltura è di grande rilievo, visto che nei giorni scorsi sono iniziate le raccolte di alcune varietà precoci come le mele Gala e che, a breve, si partirà con la vendemmia degli Chardonnay. La richiesta di lavoratrici e lavoratori è un aumento del 5% sui minimi tabellari, oltre a una quantificazione della produttività che, ad oggi, nel contratto provinciale non esiste. Dalla parte datoriale l’offerta è rimasta quella iniziale, ovvero un aumento del 3% ma sappiamo che l’Ipca, ovvero l’Indice dei prezzi al consumo armonizzato è pari al 3,9%. Questo dato lo fornisce Istat, dunque non possono essere accettate proposte che non recuperano nemmeno l’aumento del costo della vita”. Il comparto – precisa una nota – occupa un numero di lavoratori che oscilla tra i 21 e i 25 mila a seconda degli anni, essendo caratterizzato da forte stagionalità. Tra questi, infatti, la maggior parte riguarda lavoratori che arrivano per la raccolta delle mele e per le vendemmie, ma ci sono anche alcune migliaia di ‘fissi’ oltre a tutti quei lavoratori che, pur stagionali, vivono e lavorano stabilmente sul territorio. «Chiediamo un dignitoso recupero del potere d’acquisto, a maggior ragione in una provincia come la nostra, dove il costo della vita è quasi il 20% più alto che nella gran parte del resto del Paese. Parliamo di redditi mensili che sono al di sotto dei 1.500 euro lordi e che, nel caso dei raccoglitori stagionali, pesano anche meno». I sindacati non scordano di parlare anche a più ampio raggio del comparto agricolo. «Uno dei temi importanti è la qualità del lavoro, alla quale è strettamente connessa la qualità dei prodotti trentini, sia per il comparto frutticolo che vitivinicolo. Un territorio piccolo e montano come il Trentino può conquistare fette di mercato solo se punta con decisione alla qualità a 360 gradi. Inoltre lavoro di qualità significa salari dignitosi, recupero del potere d’acquisto e quindi, ovviamente, anche indotto per il territorio”.

Il servizio di rainews

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