Dalla parte giusta della storia

Organizzarsi, resistere, reagire. In un momento storico così delicato, ad un’organizzazione come la nostra non è consentito girarsi dall’altra parte. E, del resto, schierarsi è nel nostro dna, nel dna della Flai e della Cgil. E noi oggi avvertiamo, nelle nostre coscienze di sindacaliste e sindacalisti, la necessità di schierarci, e di schierarci dalla parte giusta della Storia. Sta qui, il senso della “rivolta sociale” invocata dal nostro segretario generale Maurizio Landini. Sta qui, il senso del nostro agire quotidiano. “Rivolta sociale” oggi è stare, indifferentemente, dalla parte dei migranti che prendono il mare, degli oppressi di Gaza schiacciati dai carri armati israeliani, dei rifugiati siriani, dei lavoratori sfruttati e malpagati delle nostre terre, delle nostre industrie e delle nostre marinerie. Noi siamo in campo, senza tentennamenti, quando invochiamo la pace, quando ci schieriamo contro questa folle rincorsa agli armamenti, quando critichiamo un governo liberticida, la cui principale attività è restringere gli spazi democratici del Paese, a cominciare da quelli sindacali. 

Dobbiamo avvertire tutti, fortemente, la responsabilità che abbiamo in questo momento storico. Ricordo orgogliosamente che le compagne e i compagni di “Mediterranea” e “Un ponte per”, che abbiamo voluto ospitare nella nostra recente Assemblea generale, ci hanno definito un “baluardo, una colonna portante della democrazia in Italia”: parole che devono farci riflettere, sulla considerazione che i cittadini hanno della nostra organizzazione, sulle aspettative che in essa ripongono. Ripeto, non possiamo girarci dall’altra parte. Anzi, dobbiamo intensificare i nostri sforzi. In che modo? Con la nostra presenza in ogni territorio, in ogni azienda, in ogni Rsu. Rappresentanza, è l’altra parola chiave, e deve essere il nostro impegno quotidiano. Ma non dobbiamo limitarci a esserci, tra le lavoratrici e i lavoratori. Dobbiamo parlare, spiegare, trasmettere conoscenze, fornire strumenti e analisi con un linguaggio semplice. In una parola, formare. Ecco perché ormai da qualche anno, con convinzione, abbiamo deciso di investire donne, uomini e risorse nella Fondazione Metes, nella nostra scuola di formazione, appunto, palestra per i sindacalisti di oggi e, soprattutto, di domani. Come ho detto all’Assemblea generale, far conoscere ciò che accade alle persone significa dare loro una chiave di lettura per saper guardare il mondo con occhi propri per poi trasformarla in coscienza per poter intervenire. Così diventiamo agenti del cambiamento.

Bene ha fatto la Cgil a parlare di economia di guerra, quella che stiamo vivendo, in Italia, in Europa, nel mondo. Una corsa agli armamenti che ha prodotto investimenti mai visti, se non per la seconda guerra mondiale. Quello che accade in Ucraina, in Palestina e ora anche in Siria, dimostra che le armi che si producono, prima o poi finiscono per essere usate. E’ fatale. Come è fatale che i conflitti producano crisi economiche che ben presto diventano politiche, e si avvitano su se stesse. E da queste crisi, generalmente, si esce a destra. Ce lo insegna la Storia. 

Dunque, non dobbiamo abbassare la guardia. Non dobbiamo accettare le continue semplificazioni e limitazioni che questo governo, con una forte componente post fascista, ci propone, con l’obiettivo di trasformare l’Italia in una nuova Ungheria. Per questo, la nostra mobilitazione deve essere massima contro il decreto sicurezza, l’autonomia differenziata, il presidenzialismo, la riforma della magistratura. Per questo, siamo scesi in piazza il 29 novembre, in uno sciopero generale che ha riempito le piazze e che si è fatto sentire anche nelle aziende e nelle fabbriche, ma anche il 10 dicembre per la pace e il 14 contro il tentativo di restringere le nostre libertà. Per questo, lavoreremo ventre a terra come il resto della Cgil per i referendum del prossimo anno, per portare al voto 25 milioni di italiani e vincere i 6 referendum che cambieranno il volto del Paese.

E a proposito di manovre pericolose, dobbiamo vigilare e seguire con attenzione la discussione in Parlamento sul Collegato Lavoro in cui si modificano le tipologie di contratti e si tenta di introdurre nuovi criteri per individuare i contratti da applicare. Questo governo vuole ignorare le reali rappresentanze delle organizzazioni sindacali e dare la stessa legittimità alle tante sigle fantasma senza iscritti. Questa non è democrazia ma il suo esatto contrario. Cos’è questo se non un attentato alla funzione delle grandi organizzazioni confederali e al nostro ruolo di rappresentanza sociale? Oggi sono in ballo due visioni di sindacato: noi abbiamo scelto di essere un sindacato pluralista, democratico, che dà protagonismo alle sue delegate e ai suoi delegati, e che intende svolgere anche un ruolo politico per la costruzione di una società più solidale e giusta; altri, invece, si lasciano attirare dal canto delle sirene meloniane, dai finti tavoli di confronto del governo e pensano che la rappresentanza derivi dalla presenza nei Consigli di Amministrazione e, soprattutto per le tante “sigle” semi-sconosciute, la riconoscibilità è essere visti dal governo e continuare a fargli i complimenti anche prima che gli illustrino le decisioni assunte. E, in un contesto di questo tipo, purtroppo il movimento sindacale si spacca e non è una buona notizia per le lavoratrici e i lavoratori.

Noi della Flai sappiamo bene cosa dobbiamo fare nei prossimi mesi. Non cambieranno durante le feste di natale le politiche liberiste né in Europa e né in Italia, e allora da gennaio già dobbiamo lavorare nelle fabbriche e nelle aziende per prepararci e organizzarci. Dobbiamo farci trovare pronti, la nostra deve essere un’attività continua e pianificata. 

Bisogna investire sul protagonismo dei delegati, dobbiamo avere cura della nostra organizzazione, trasmettere i suoi valori e la sua visione del mondo. 

In questa fase, più che in altre, organizziamoci e tramutiamo sempre più le nostre idee in azioni concrete, per resistere più di questo governo. Ce la possiamo fare, ce lo ricorda anche qui la Storia. La Cgil è sopravvissuta a tutto, anche al fascismo e alla clandestinità. Dopo tanti anni, siamo ancora qua, a difesa della democrazia e del lavoro, come ci dicono le compagne e i compagni di “Mediterranea” e “Un Ponte per”. Ricordiamocelo ogni giorno e tiriamo dritti per la nostra strada. Sempre avanti!

Giovanni Mininni
Segretario generale Flai Cgil

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