Lavoratori in appalto, stessa fatica meno diritti

lI mio nome è Warnakulasuriya Christopher, vengo dallo Sri Lanke e vivo in Italia da molti anni nella città di Parma, territorio famoso per il prosciutto. Voglio condividere con voi la mia esperienza lavorativa da 19 anni nel settore delle carni e dei salumi. Lavoro in un’azienda famosa del settore che ha una storia di 140 anni. Lavoro nella disossatura con due turni in orario continuato giornalieri di 8 ore anche se mezzora è dedicata al pasto. Disossiamo, scotenniamo, puliamo, pressiamo e confezioniamo il prodotto per la vendita. Nel mio reparto la maggior parte dei lavoratori è dello Sri Lanka e in minoranza ci sono anche africani, albanesi e italiani.

Voglio condividere con voi le problematiche dei lavoratori in appalto, che hanno molti più problemi dei dipendenti diretti. Facciamo lo stesso lavoro, dentro la stessa fabbrica, ma le condizioni tra noi sono completamente diverse. Ci sono meno tutele economiche e di organizzazione dei turni, di diritti e di salario. Spesso non è applicato neppure il contratto di secondo livello e in molte aziende del settore si applicano altri contratti. Spesso è quello dello logistica o dei multiservizi, che sono peggiorativi rispetto a quelli dell’industria alimentare sia per reddito che per diritti. La vita del dipendente in appalto viene messa alla prova da queste differenze che ogni giorno vediamo in azienda.

In 10 anni nella mia azienda ho cambiato 6 appalti e spesso oltre a peggiorare diritti e tutele, viene a mancare il trattamento di fine rapporto e si può perdere il lavoro in mancanza della clausola sociale. Questo ci costringe ad accettare condizioni sempre peggiori. Nel cambio di appalto perdiamo le tutele di anzianità e la nostra professionalità è messa in discussione ogni volta. Ripartiamo ad ogni cambio appalto dal livello più basso e i datori di lavoro spesso sono gli stessi e magari cambiano solo nome all’azienda e mettono un presta nome diverso dal precedente. Spesso abbiamo perso anche i contributi pensionistici.

Grazie ai sindacati che ci sono sempre stati vicino abbiamo risolto molti problemi che per noi stranieri sono pure peggiori. Per i lavoratori di origine straniera, il contratto a tempo indeterminato serve per regolarizzare i documenti e il permesso di soggiorno. Senza questi documenti non possiamo avere una casa, un mutuo, e in assenza di una stabilizzazione lavorativa non possiamo neppure portare il resto della famiglia dal nostro paese. In tutti questi anni gli unici che ci hanno aiutato sono i sindacati. Sono un iscritto e delegato della Cgil perché loro ci sono sempre stati e sono l’unica speranza per noi lavoratori.

Ogni volta ci sono e lottano accanto a noi, per i nostri diritti e la nostra dignità di lavoratori stranieri e uomini che hanno lasciato il loro paese per poter dare un futuro ai propri figli.

Speriamo che il mio contributo aiuti a cancellare le ingiustizie degli appalti.  

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