Nel biscottificio pisano, dove uniti si vince

Leonardo Filippi

Turni comunicati il pomeriggio prima. Nessuno spazio per fare assemblea in azienda. Ostilità più o meno velata verso chi cerca di cambiare le cose. È la realtà quotidiana di chi lavora a Biancoforno, biscottificio che sorge a Fornacette, nella bassa val d’Arno, al riparo dei monti Pisani. Da un po’ di tempo, però, le cose stanno cambiando. In meglio. Grazie all’impegno ostinato di chi quei biscotti li confeziona con le proprie mani. «Fino a 7-8 anni fa non c’erano sindacati qui», racconta Monica Demi, delegata Flai della azienda. «Poi alcuni colleghi hanno iniziato a prendere contatti con la categoria della Cgil e ad incontrarsi». La risposta dei padroni?  «Appena le tessere sono cominciate ad aumentare, sono subito stati convocati, e tenuti a lungo in sala d’aspetto, persino chi usciva dal turno di notte», racconta. Un segnale. Ma nessuno ha pensato di arrendersi. «Hanno continuato a fare assemblee, ma non in azienda, perché per la dirigenza non ci sono spazi utilizzabili all’interno. Siamo in 250 dipendenti circa, lavoriamo in uno spazio coperto di 21mila mq, ma tutt’oggi ci si deve riunire in un circolo Arci, dove è più difficile intercettare tutti i lavoratori». A queste riunioni, ad un certo punto, decide di partecipare anche Monica. Non senza alcuni iniziali timori. «All’inizio avevo paura ad iscrivermi alla Flai. Avevo una bimba piccola, Mia, che ora ha 4 anni e mezzo. Temevo che fossi convocata anche io in ufficio, che fossi presa di mira, che mi cambiassero i turni rendendomi ancora più difficile tenere insieme lavoro e famiglia. Ma poi ho guardato Mia negli occhi e ho capito che dovevo darmi una mossa e impegnarmi, anche come mamma. Per tutelare i diritti anche per le prossime generazioni». Nell’anno della pandemia, dunque, la scelta di iscriversi alla Flai. «Con gli altri compagni facciamo parte del gruppo whatsapp “uniti si vince”. Il nome significa tanto, per noi. Siamo un gruppo veramente coeso. Ci facciamo forza a vicenda. A fine anno ci sono state alcune sanzioni disciplinari, poi ritirate, ma saremmo stati pronti a scioperare». L’unione fa la forza e alcuni risultati, importanti, sono stati raggiunti. «Prima se si rompeva un macchinario, ti facevano timbrare l’uscita e aspettavi che ti richiamassero quando era riparato, senza essere retribuito. E tutto ciò preteso, anche in malo modo. Ora, da quando c’è il sindacato non è più così». Non solo. «Fino a gennaio se non raggiungevamo le 40 ore settimanali, ci venivano scalate ore dai Rol. Ora siamo riusciti a fermare questo prelievo forzato». Alcuni problemi, però, restano aperti. «Veniamo a sapere dei turni di lavoro solo il giorno prima, nel pomeriggio. E poi si sa quando si entra ma non quando si esce. Perché non c’è un orario di uscita». Per Biancoforno bisogna fare così, perché il prodotto impastato deve essere chiuso in giornata, per garantire la qualità della sfoglia. «Questa precarietà – racconta la delegata – non ti permette di organizzare la vita privata. Se non prendo un permesso non ho mai la certezza di essere fuori ad una certa ora. Non chiediamo la Luna, ma almeno di poter programmare la propria esistenza di 15 giorni in 15 giorni. Per giunta, gli straordinari spesso non vengono riconosciuti». Su questi temi, i sindacalisti hanno provato ad aprire un dialogo con la dirigenza. Senza grandi risultati. «Non veniamo proprio ascoltati. Perlomeno, però, i toni nei nostri confronti si sono moderati». Nel frattempo, un collega ha fatto causa per l’orario di lavoro e la Flai è in tribunale per esigere il diritto all’assemblea in azienda. Quest’ultimo procedimento è giunto in Cassazione, e si attende il verdetto finale. «L’impresa si fa forza del fatto che i lavoratori di Biancoforno sono molto eterogenei. Ci sono persone con contratto indeterminato, altri con il determinato, altri interinali, poi diverse cooperative. Per fortuna, a farci forza, c’è la Flai, che in questi anni ci è stata vicina e ci ha sostenuto in ogni modo, anche al livello nazionale». Un sostegno che ha alimentato un vortice di energia positiva. «L’anno scorso abbiamo partecipato ad un corteo col nostro striscione, e quando siamo tornati in azienda abbiamo messo stampato la foto per metterla in bacheca. Per noi è una grande soddisfazione. Dobbiamo crescere ancora, ma siamo motivati e non ci vogliamo fermare». 

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