Contro il ddl Sicurezza, la lotta non si ferma. Flai: Alimentiamo l’opposizione sociale a questo governo

Nello scorso weekend, a Roma, la due giorni della rete “A pieno regime” per organizzare i prossimi appuntamenti della mobilitazione. Tina Balì, segretaria nazionale: «Qualsiasi tentativo di manomettere i principi democratici che hanno ispirato la Resistenza troverà la nostra ferma opposizione»

Una prova di solidità politica. E un manifesto di intenti per il futuro. Sono i principali frutti della due giorni organizzata dalla rete “No ddl Sicurezza – A pieno regime” che si è tenuta questo weekend nella Capitale, nella sede di Arci nazionale a Pietralata. Dopo la grande manifestazione dello scorso 14 dicembre terminata a Piazza del popolo, che ha attirato a Roma decine di migliaia di persone, la rete – a cui la Flai Cgil ha aderito sin da subito – fa un bilancio della mobilitazione e guarda al futuro. Sabato c’è stata una tavola rotonda per studiare le criticità del disegno di legge (che domani tornerà ad essere discusso in Senato), mentre domenica è stato il momento dell’Assemblea nazionale, che ha delineato le prossime tappe della protesta.

Prima scadenza il 17 gennaio, quando a Roma e in altre città si terrà l’iniziativa “100mila luci contro il buio del regime”. Il 3, 4 e 5 febbraio sarà organizzata una carovana a Bruxelles, composta da una delegazione della rete No ddl Sicurezza, che promuoverà un appuntamento pubblico e una conferenza stampa all’Europarlamento per denunciare il pericolo di una nuova Ungheria in Europa. Nel weekend del 14-15 febbraio, poi, sarà lanciato un evento in vari territori che avrà tra i temi anche quello di contrastare le “zone rosse” sperimentate dal governo in varie città italiane nelle scorse settimane. E ancora, due ulteriori appuntamenti per fare rete con movimenti di altri Paesi: il 15-16 marzo la rete parteciperà all’assemblea transnazionale del Network against migrant detention e il 28-29-30 marzo interverrà all’assemblea europea Reset-Rete per lo sciopero sociale eco-trasfemminista.

Infine, la mobilitazione a Roma nel giorno dell’approvazione del Ddl. «Sarà una giornata di blocco e di assedio, a partire da una piazza comune, nella quale la molteplicità delle pratiche che porteremo stanno dentro la cornice di esercitare conflitto e ampliare il consenso – si legge nel documento finale dell’Assemblea (disponibile in calce, ndr) -. Quella giornata non sarà solo un punto di arrivo, ma anche il punto di partenza di un percorso che, qualora il ddl venisse approvato, ha un obiettivo comune e preciso: continuare a fare disobbedienza, scioperi, occupazioni di case, blocchi delle grandi opere e iniziare ad immaginare insieme un nuovo percorso per la democrazia».

«Lo scorso 14 dicembre a Roma è accaduto qualcosa di importante – commenta Tina Balì, segretaria nazionale Flai – al termine della manifestazione, dopo tanto camminare, nessuna e nessuno voleva allontanarsi da Piazza del popolo, giovani, meno giovani e gruppi organizzati. In quella piazza si sono rinsaldati legami tra persone e realtà che coltivano ognuno coi propri modi una comune visione alternativa della società e della dialettica democratica, fatta di giustizia sociale e non di repressione, di inclusione e non di discriminazione, e di libertà di manifestare il proprio dissenso. Un risultato che dal nostro punto di vista è l’ideale prosecuzione del lavoro che da tempo portiamo avanti, di dialogo e di collaborazione concreta con mondo dell’associazionismo e dei movimenti, a partire dal sostegno convinto della Flai alla Via Maestra, per arrivare agli accordi con l’ong Mediterranea e con Un Ponte Per».

«Per questo motivo – prosegue Balì – sin dalla sua costituzione abbiamo deciso di aderire alla rete “No ddl Sicurezza – A pieno regime”. E oggi siamo pronti a dare il nostro contributo, per alimentare un’opposizione sociale che faccia arrivare al governo un messaggio chiaro, qualsiasi tentativo di manomettere i principi democratici che hanno ispirato la Resistenza troverà la nostra ferma opposizione».


Documento finale dell’Assemblea nazionale Rete No ddl Sicurezza – A pieno regime del 12 gennaio 2025

Chiudiamo questa assemblea di oggi con una convinzione: se la piazza del 14 dicembre ha mostrato la capacità di questo percorso in termini di mobilitazione di massa, questa due giorni ci restituisce il fatto che quella giornata ci ha consegnato una responsabilità collettiva, quella di essere l’opposizione sociale a questo governo. Bisogna rivendicarlo con chiarezza: se i tempi di approvazione del DDL si sono dilatati è stato perché abbiamo messo centomila granelli di sabbia in un ingranaggio reazionario che fino a pochi mesi fa sembrava perfetto, è stato perché nei mesi precedenti c’è stata un’attivazione territoriale che ha consentito un continuo accumulo.

Se il 14 dicembre è stato uno spartiacque, lo è stato soprattutto in termini di possibilità: è stato aperto uno spazio concreto che ribalta la narrazione dominante, ossia che l’attacco alla democrazia, ai diritti, alla libertà sia un passaggio storico ineluttabile. La forza di questo percorso ci consegna – in realtà – la consapevolezza che nel nostro Paese ci troviamo di fronte a un governo che è uno dei principali interpreti a livello internazionale del superamento in termini autoritari dello Stato di diritto, ma allo stesso tempo è un esempio di come il potere si regga su dinamiche fragili, talvolta ingovernabili. E noi dobbiamo essere in grado di sedimentare e organizzare proprio questa ingovernabilità, a partire dai territori, dai luoghi di lavoro e della formazione, dai tanti presidi di lotta che costellano il Paese.

Tutto questo è emerso con chiarezza anche nel dibattito di ieri, che è stato un momento importante e all’altezza della manifestazione del 14 dicembre e di tutto il percorso che stiamo facendo. Questo perché non è stato solo un momento di approfondimento teorico-giuridico-politico, ma ci ha dato una vera e propria indicazione strategica: se questo DDL è il manifesto politico e culturale di un intero ciclo reazionario e di un mondo che si regge sempre più attorno al regime di guerra, ribaltarlo significa creare una frattura storica nel rapporto tra governanti e governati, tra capitale e lavoro.

Dall’assemblea di oggi emerge la necessità di sedimentare, allargare, continuare a convergere. Lo facciamo guardando alle piazze che in questi giorni si sono date appuntamento in molte città d’Italia per chiedere “giustizia per Ramy”, perché l’ennesimo omicidio di Stato, tra l’altro con un chiaro connotato razziale, non può che avere come risposta la rabbia diffusa. Lo facciamo guardando ad altri percorsi di lotta contro le leggi di questo governo che si stanno dando– dal DDL Bernini al DDL Valditara, passando per il contrasto alla legge sull’autonomia differenziata e alla stagione referendaria che si aprirà in primavera – con cui c’è una necessità concreta di trovare momenti di convergenza e mobilitazione comune proprio per fare in modo che lo spazio di opposizione sociale al governo si allarghi ogni giorno di più.

Da oggi emerge anche un altro aspetto fondamentale. L’opposizione al Governo Meloni deve coinvolgere anche gli amministratori locali delle forze politiche che hanno dichiarato di voler contrastare il Ddl Sicurezza: questo significa assumersi la responsabilità di disobbedire all’istituzione di “zone rosse” nelle nostre città, che sono la forma più becera, classista e razzista di trasformare i diritti in privilegi. La battaglia contro le “zone rosse” è naturalmente legata a quella contro il Ddl e la rete A pieno regime la assume nella sua interezza.

Questo percorso sta avendo la capacità di tenere al suo interno soggetti sociali reali. Ognuno deve essere capace di mettere il proprio dentro questa lotta unitaria: movimenti, associazioni, studentesse e studenti, ricercatrici e ricercatori, docenti, giuristi e tutto il mondo del lavoro. Dai nodi della logistica ai cancelli delle fabbriche ai “non luoghi” del lavoro precario, l’opposizione sociale deve passare sempre di più dal coinvolgimento dei soggetti vivi di questa società. Diversi corpi, ma un’unica mente, quella che ambisce al cambiamento reale di questo Paese, e non solo.

Dopo questa due giorni, il lavoro nei territori diventa ancora più intenso. L’assemblea ha lanciato alcune scadenze che devono servire non solo a produrre mobilitazione, ma anche per potenziare e far diventare sempre più molecolari i processi organizzativi.

La prima scadenza proposta è quella del 17 gennaio: “100mila luci contro il buio del regime”. A Roma e nelle altre città ci battiamo per portare la mobilitazione popolare e la protesta senza restrizioni di luogo. Invitiamo tutte le forze politiche alle costruzioni di cordone di difesa e tutela di chi manifesta, già a partire da questa data. Laddove le questure negheranno permessi e agibilità lo annunciamo fin da subito che disobbediremo a qualsiasi divieto.

Il 3, 4 e 5 febbraio verrà fatta una carovana a Bruxelles. Una rappresentanza della Rete Nazionale No Ddl Sicurezza promuoverà un evento pubblico e una conferenza stampa dentro il Parlamento Europeo per portare la discussione ad un livello superiore: il pericolo di una nuova Ungheria in Europa è qualcosa che deve riguardare tutti.

Nel week-end di metà febbraio (14-15) lanciamo una scadenza in tutti i territori del Paese che avrà, tra i diversi temi, anche quello di contrastare le “zone rosse”.

Il 15 e 16 marzo saremo presenti all’assemblea transnazionale del Network Against Migrant Detention.

Il 28, 29, 29 marzo attraversiamo l’assemblea europea Reset-Rete per lo sciopero sociale eco-trasfemminista.

Infine ribadiamo quello che abbiamo sempre detto fin dall’inizio di questo percorso. Rilanciamo la mobilitazione a Roma nel giorno dell’approvazione del Ddl. Sarà una giornata di blocco e di assedio, a partire da una piazza comune, nella quale la molteplicità delle pratiche che porteremo stanno dentro la cornice di esercitare conflitto e ampliare il consenso. Quella giornata non sarà solo un punto di arrivo, ma anche il punto di partenza di un percorso che – qualora il Ddl venisse approvato – ha un obiettivo comune e preciso: continuare a fare disobbedienza, scioperi, occupazioni di case, blocchi delle grandi opere e iniziare ad immaginare insieme un nuovo percorso per la democrazia.

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