Flai e Mediterranea, pronti a firmare un protocollo d’intesa

Un filo rosso che unisce la terra e il mare, il segretario generale della Flai Mininni e la presidente dell’Ong Marmorale: “Disobbedienza civile per restare umani”

Giovanni Mininni e Laura Marmorale, il segretario generale della Flai Cgil e la presidente di Mediterranea Saving Humans insieme perché salvare vite umane non è un reato. “Un filo rosso che unisce la terra e il mare”, rivendicano con orgoglio. Il sindacato dell’agroindustria della Cgil e l’associazione di promozione sociale nata nel 2018 per l’indignazione collettiva di fronte alla folle politica di porti chiusi, per reagire all’impressionante numero di vite sommerse dalle onde sono pronti a firmare un protocollo d’intesa in risposta alla disumanità della Fortezza Europa. Aiutare gli equipaggi di mare e di terra a sostenere le spese legali per difendersi da un governo italiano che vorrebbe cancellarli, e dare una mano a partecipare ai costi di gestione delle missioni, è anche un modo di essere sindacato. Diritti umani e diritti del lavoro uniti indissolubilmente in un’alleanza per sfidare la ferocia dei governi continentali. In primis quello di Giorgia Meloni. 

UN’ALLEANZA DESTINATA A DURARE
Nella sede della Flai nazionale, in via Serra a Roma, Mininni e Marmorale mettono in cantiere nuove azioni in quella che è un’alleanza destinata a durare e rinsaldarsi ulteriormente. “Per chi ci accusa di favoreggiamento dell’immigrazione non c’è empatia per le persone che salviamo – spiega Marmorale – sono solo clandestini, potenziali criminali, invasori. Per loro non c’è pietà, non c’è compassione, non c’è tutela. Naturalmente esistono sempre delle sottocategorie nell’esclusione sociale”. ‘Si è sempre meridionali di qualcuno!’, diceva De Crescenzo nell’indimenticabile ‘Così parlò Bellavista’. “Anche nello sfruttamento del lavoro agricolo esiste una doppia condizione di sfruttamento, riservata a chi non ha accesso neppure a un documento d’identità, perché la trafila di regolarizzazione è ignobile”. Dal mare alla terra, ancora in balia di leggi che dovrebbero essere cancellate come la Bossi-Fini, vera e propria fabbrica dell’invisibilità. “Da parte nostra – sottolinea Mininni – avvertiamo il pericolo che queste persone finiscano immediatamente nelle maglie del caporalato, dello sfruttamento”.

“Si può perdere la vita su una delle rotte migratorie più mortali al mondo, semplicemente per l’atto di migrare – osserva la presidente di Mediterranea – Il nostro intervento parte proprio dall’insostenibilità di dichiarazioni di di guerra a persone in movimento. Noi nasciamo per garantire quell’ultimo pezzo del viaggio del percorso migratorio, portiamo uomini e donne in Italia, in un paese democratico, nel continente europeo, dove esistono le carte dei diritti umani, dove vengono sottoscritte le convenzioni internazionali di tutela dei diritti umani”. Ma il sistema di accoglienza è stato progressivamente smantellato. “Così il viaggio finisce in un porto che sicuro non lo è affatto”. Il segretario generale della Flai riflette sulla condizione materiale dei lavoratori: “Una volta si sarebbe parlato di una proletarizzazione sempre più forte della classe lavoratrice. Una condizione che spinge verso il basso le condizioni materiali delle persone, siano esse italiane o immigrate”. Nessuno si salva da solo, a prescindere dal colore della pelle. “Abbiamo potuto osservarlo dagli anni 80. Un’immigrazione sfruttata, magari perché senza documenti, più ricattabile, oggettivamente più debole, ha inevitabilmente peggiorate le condizioni di lavoro di tutti”.

DISOBBEDIENZA CIVILE PER RESTARE UMANI
Flai e Mediterranea insieme per moltiplicare le forze, pronti alla disobbedienza civile per salvare vite. “Lo Stato italiano non fa nulla per l’accoglienza e ancor meno per l’integrazione. Troppe lavoratrici e troppi lavoratori non hanno accesso alla sanità. E allora si potrebbe pensare di usare cliniche mobili, come quelle adottate da Mediterranea, anche nei campi e in tutte le realtà del settore primario in sofferenza, dove le tutele diventano un miraggio. L’immigrazione dovrebbe essere una risorsa in un paese in pieno inverno demografico, invece viene fatto passare per un problema di sicurezza, un tema da campagna elettorale”, osservano Marmorale e Mininni.

“Penso che la fase che stiamo vivendo sia molto delicata, un periodo storico dove la guerra non fa più notizia, il dilagare dei conflitti è ormai all’ordine del giorno. Ma la guerra ha un effetto moltiplicatore delle possibilità della restrizione degli spazi democratici in un paese. E il nostro paese sta diventando sempre più protagonista di una materializzazione reale della dell’internazionale nera. Il sogno dell’Europa dei popoli è sempre più lontano”. Che fare si chiede Mininni? “Possiamo forse aspettarci da questo governo una modifica di quella legge Bossi-Fini che il centrosinistra non ha voluto e non ha saputo fare? E possiamo pensare che ci ascolteranno sui temi sociali, dell’immigrazione, quando con questa ennesima finanziaria sono stati tagliati i soldi alla sanità, sono stati tagliati i soldi al welfare perché sempre di più si spinge verso una privatizzazione di tutti i servizi, dalla scuola, ai trasporti, fino alla salute? Credo che la nostra Flai debba cambiare le sue modalità non solo di analisi ma anche di azione sindacale, nel segno di una radicalità che dalle parole deve passare al quotidiano impegno concreto. Se lo Stato non vuole accogliere e integrare, nel nostro piccolo credo che possiamo fare qualcosa. Impariamo da Mediterranea che si può anche disobbedire a leggi disumane. Una disobbedienza civile e non violenta. Ecco la ‘rivolta sociale’ di cui parla Landini per noi significa anche questo”.

Flai e Mediterranea, un filo rosso che unisce la terra e il mare per un altro mondo possibile. “Dal mio osservatorio privilegiato, che è il ponte della mare Junio, dico che vorrei andare nelle campagne e non incontrare i tanti, sfruttati Satnam, ma donne e uomini che lavorano con diritti e tutele”. “Questo è il momento di una lotta di resistenza, e anche di piantare i semi di un diverso mondo possibile. In futuro ne raccoglieremo i frutti”.

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