Lavoratrici e lavoratori invisibili. Nei campi e, letteralmente, sulle strade. Bisogna tornare indietro nel tempo, alla fine dello scorso novembre, quando un lavoratore agricolo, di origine pakistana, perse la vita sulla strada provinciale 163 tra Cassano allo Jonio e Garda, investito da un’auto in curva mentre tornava a casa, dopo una giornata di lavoro, con un connazionale, rimasto ferito.
Da quel giorno, è scattata una presa di coscienza, innanzitutto, e una mobilitazione, con cui la Flai Cgil del territorio ha sensibilizzato un po’ tutti su un tema, storicamente spinoso, per tanti motivi, non solo legati alla sicurezza: il trasporto del lavoratore agricolo. Chiamando innanzitutto alle proprie responsabilità il servizio pubblico, che deve essere in prima linea contro lo sfruttamento del lavoro. Prima iniziativa, realizzata insieme ai compagni della Fillea: dotare lavoratrici e lavoratori di giubbotti catarifrangenti.
Oggi, la presenza sul territorio del segretario generale della Flai nazionale, Giovanni Mininni, è stata l’occasione per organizzare una tavola rotonda sul tema, nei locali della Camera del lavoro di Cassano allo Jonio, con i rappresentanti sindacali, delle istituzioni locali, delle associazioni, con lavoratrici e lavoratori, anche immigrati. Moderata dalla segreteria generale della Flai Cgil Pollino-Sibaritide-Tirreno, Federica Pietramala.
IL SERVIZIO NAVETTE
Debora La Rocca, responsabile dell’associazione Cidis-Ets, che quattro anni fa ha lanciato nella Piana di Sibari il progetto pilota “Diritti in piana”, racconta un’esperienza di successo: «Muoversi sul trasporto pubblico o su una navetta dedicata fa una grande differenza, lo abbiamo capito dopo qualche tempo: oggi riusciamo a incrociare le esigenze dei lavoratori e gli interessi delle aziende agricole, che faticano a reperire manodopera attraverso canali legali e non potendo rivolgersi ai centri per l’impiego, finiscono per “usare” noi anche per reclutare lavoratori. In questo modo, la mobilità diventa anche punto di incontro. Oggi abbiamo una ventina di aziende che ci chiamano, ma da novembre 2023 non abbiamo più finanziamenti e i costi sono sostenuti interamente dal comune di Cassano».
Giuseppe De Lorenzo, segretario generale della Fillea Cgil Cosenza, racconta: «Abbiamo sempre combattuto perché il trasporto pubblico garantisse questo servizio: in questo modo salviamo i lavoratori dalle strade e li togliamo dalle mani di chi li sfrutta, chiedendogli una tangente, e parliamo di anche di lavoratori italiani. Noi sindacato dobbiamo essere il fulcro di una collaborazione con le istituzioni e le associazioni».
LA TESTIMONIANZA
Yaya Karambiri, oggi mediatore culturale, racconta la sua esperienza personale: «Io lavoravo in agricoltura, pagavo 2 euro e cinquanta all’andata e altrettanti al ritorno per il trasporto, a fronte di una paga di 35 euro. Mi ricordo la paura di chi, nel pulmino, pagava perché non aveva i documenti e non voleva essere scoperto. Lì, abbiamo cominciato a rassicurare e dare informazioni su, ad esempio, come e dove andare a prendere i documenti».
Andrea Ferrone, neo eletto segretario generale della Cgil Pollino-Sibaritide-Tirreno, sottolinea l’importanza di «mettere a rete un sistema che consenta stabilmente di sottrarre lavoratrici e lavoratori allo sfruttamento dei caporali. Faccio appello all’assessore Gianluca Gallo (in collegamento, ndr) perché la Regione prenda iniziative concrete per la tutela dei lavoratori».
Giovanni Papasso, sindaco di Cassano, sottolinea l’impegno ormai decennale dell’amministrazione: «Quando fui eletto per la prima volta, nel 2012, c’era grande diffidenza per gli stranieri. Noi decidemmo di aiutarli, perché abbiamo il dovere di accoglierli. Per questo, negli anni abbiamo intensificato i rapporti con il Cidis, ne è venuta fuori una preziosa collaborazione. Abbiamo acquistato bus, regolarizzato la posizione dei lavoratori, varato progetti presi ad esempio in Italia: un grande orgoglio. Se non ci fossero i lavoratori stranieri, si bloccherebbe la raccolta, questo dobbiamo sempre ricordarcelo». Forte in questo senso la testimonianza di Diallo Billaly, un lavoratore agricolo che si è integrato proprio grazie a quel sistema di tutele messo in campo dai sindacati e dalle associazioni. «Ma ricordo ancora con terrore i ritorni a casa in piena notte».
IL PROGETTO DI CORIGLIANO-CASSANO
Giovanni Manoccio, rappresentante dell’associazione Matrangolo di Corigliano-Cassano, che opera in tutta la provincia cosentina, è pronto a lanciare il suo servizio di trasporto: «Il Crea ci dice che ci sono oltre duemila lavoratori irregolari nella Piana, ma noi sappiamo che sono molti di più. Facciamo una battaglia di civiltà, con tutte le amministrazioni. Noi abbiamo novantamila euro per il trasporto dei prossimi tre anni, ma se riusciamo a fare un protocollo serio con i sindacati, sono convinto che aumenteremo i finanziamenti e li renderemo stabili. Ne abbiamo bisogno, ricordiamoci che il trasporto è il primo “luogo” dove arriva il caporale».
Il sindaco, Flavio Stasi, sottolinea che «la questione dell’immigrazione è un tema di scontro politico, si fa fatica anche a discuterne, ecco perché il ruolo sociale del sindacato è fondamentale. Ma serve un indirizzo istituzionale, anche per scegliere quali progetti finanziare, perché altrimenti continueremo a gestire il tema dell’immigrazione come un problema di sicurezza. Di questo fenomeno, noi su questo territorio non possiamo fare a meno».
IMPRESE E ISTITUZIONI
Caterina Vaiti, segretaria generale della Flai Cgil Calabria, si rivolge agli assenti: «In questa sala mancano le organizzazioni datoriali, ma quante sono quelle che realmente vogliono regolarizzare i lavoratori? E, quindi, quante vogliono usufruire di un servizio pubblico di trasporto? Per capirlo, dobbiamo innanzitutto creare il luogo fisico dove far incontrare le aziende e i lavoratori. E questo collocamento non può che avvenire all’interno delle istituzioni. La Flai combatte da anni questo fenomeno e le istituzioni devono essere al nostro fianco». L’assessore regionale ad Agricoltura e Trasporti, Gianluca Gallo, collegato da Catanzaro, ammette: «Ho appreso solo in questi giorni che sono esauriti i finanziamenti del 2023, mi sono rivolto subito alle Ferrovie della Calabria e ho ottenuto l’immediata disponibilità a partecipare a un incontro. Questi progetti vanno incentivati, in modo concreto, e noi lo facciamo da tempo, anche se da forze conservatrici. C’è piena disponibilità a collaborare con la Cgil».
UNA GRANDE BATTAGLIA POLITICA
Le conclusioni sono affidate al segretario generale Giovanni Mininni. «Queste azioni sono la carne viva dell’azione sindacale e del presidio sul territorio. La serata di oggi ha il merito di aver messo insieme sindacato, istituzioni e associazioni, che spesso sono nostro prezioso alleato per combattere questi fenomeni. Lo sfruttamento e il caporalato ormai sono riscontrabili in tanti settori, su questi temi dobbiamo richiamare le istituzioni alle loro responsabilità. Perché va bene la società civile, ma dobbiamo tornare a rivendicare allo Stato il suo ruolo. La Flai e la Cgil denunciano dal 2009 che il caporalato esiste ancora, anche al Nord, non solo in agricoltura. Da quelle battaglie è scaturita la legge 199 del 2016, e da quella legge sono partite tante azioni delle forze dell’ordine. Ma se bene o male la repressione funziona, la legge non è applicata per la prevenzione: ecco perché, qui e altrove, spingiamo per realizzare la Rete del lavoro agricolo di qualità, in cui associazioni datoriali e istituzioni facciano la loro parte, anche per il trasporto, del resto lo dice la legge 199. Qui, in Calabria, state facendo un lavoro eccezionale, esportiamolo in altre parti d’Italia, e soprattutto evitiamo che, una volta finiti i soldi, tutto possa continuare solo con la solidarietà o la buona volontà di qualcuno. Apriamo un confronto perché a questi progetti sia data una continuità finanziaria. Ecco perché su questo tema dobbiamo lanciare una grande battaglia politica. Quello che sta succedendo con i soldi del Pnrr è emblematico di come funzionano le cose in Italia: il commissario Falco gira l’Italia per capire a chi destinarli, ma passa il tempo e questi soldi rischiano di tornare indietro, inutilizzati. O spesi male. Ricordiamoci che dovrebbero servire a superare i ghetti e lo sfruttamento”.