La mobilitazione dei forestali siciliani, per salvare il lavoro e il territorio

Non c’è traccia nella Finanziaria nazionale dei 55 milioni promessi per aumentare le giornate di lavoro e lo stipendio dei 16mila addetti. Russo Flai Cgil: “Stiamo parlando di un settore strategico, situazione insostenibile”

Per la Befana ai forestali siciliani non è arrivato nemmeno il carbone. Il piano di riorganizzazione e gli annunci fatti alla vigilia della Finanziaria sono rimasti parole nel vento. “Ci prepariamo ad una grande mobilitazione perché la situazione non è più sostenibile”, annuncia Tonino Russo, segretario generale della Flai Cgil Sicilia. I 16mila addetti alla prevenzione e allo spegnimento degli incendi, in una regione sempre a rischio di siccità e desertificazione, si attendevano dalla legge di Bilancio appena approvata dal Parlamento i fondi necessari alla Regione per aumentare le loro giornate di lavoro nel 2025 e avviare le stabilizzazioni negli anni successivi. Un provvedimento non solo atteso ma in qualche modo anche dovuto, dopo anni di lavoro precario per gran parte degli addetti alla cura del territorio. “Il coordinatore regionale e parlamentare della Lega, Nino Germanà – ricorda Russo – aveva annunciato nella Finanziaria targata Meloni-Giorgetti un budget di 55 milioni all’anno per i prossimi cinque anni”. Soldi che si sarebbero aggiunti allo stanziamento ordinario della Regione, grazie ai quali gli assessorati all’Agricoltura e all’Ambiente avrebbero poi aumentato sia le giornate che lo stipendio dei precari. Era stato l’altro leghista Luca Sammartino, uomo forte del Carroccio nell’isola, a svelare ai sindacati i dettagli del piano: l’aumento delle giornate lavorative avrebbe coinvolto tutti gli stagionali, che sono 14.783. I 1.926 che oggi svolgono 78 giornate e i 7.876 che arrivano a 101 sarebbero saliti fino a 156 giornate. I 4.981 operai che fino a quest’anno hanno svolto 151 giornate lavorative dovevano salire fino a 178. Dal 2026 sarebbero scattate le stabilizzazioni, da prevedere in una riforma che doveva vedere la luce contemporaneamente alla legge di bilancio regionale. Invece non è successo niente di tutto questo.

“Stiamo parlando di un settore strategico, anche e soprattutto alla luce degli stravolgimenti climatici – sottolinea il segretario generale della Flai siciliana – Come si pensa di combattere il riscaldamento globale senza piantare alberi? La Sicilia è una regione a rischio desertificazione, senza il prezioso lavoro dei forestali ci sarebbero intere zone non più abitabili, penso a tutte le aree interne, che sono essenziali per attuare una transizione ecologica non più derogabile”. “Altro tema – continua Russo – il necessario ricambio generazionale che per forza di cose, in una situazione del genere, non può esserci. Come può un giovane progettare il suo futuro accettando un lavoro da tre mesi l’anno? Senza mettere mano al numero delle giornate lavorative sarà molto difficile invertire questa tendenza. L’età media dei forestali siciliani è di sessant’anni. Le ultime assunzioni risalgono al 1996. Spegnere incendi, salire su trattori, usare motoseghe, richiede invece ragazzi giovani. Nuove e vecchie generazioni fianco a fianco per un necessario trasferimento di competenze. Da troppi anni attendiamo la riforma del settore – aggiunge Russo – Bisogna dare certezze e stabilizzare i lavoratori. Un grande pezzo di patrimonio arboreo è andato perso a causa degli incendi. C’è la necessità di intervenire in maniera strutturale sul territorio. Altrimenti, come vogliamo risolvere il problema della siccità e delle alluvioni? Bisogna fare un piano di messa in sicurezza e di riforestazione della Sicilia. Non lo dico io, lo dicono gli esperti”.

La tutela dell’ambiente non può essere solo annunciata e poi derubricata a voce accessoria cui destinare i residui di bilancio, in un’epoca in cui gli stravolgimenti climatici sono sotto gli occhi di tutti. “La cura del territorio deve divenire elemento strutturale delle politiche regionali e nazionale – spiega Antonella De Marco, Flai Cgil nazionale – Non si può parlare di lotta al cambiamento climatico e al dissesto idrogeologico da un lato, e dall’altro non prevedere risorse nei bilanci regionali per i rinnovi dei contratti o per le assunzioni. Occorrono programmazione, investimenti, ampliamento degli organici. Non è più tempo di rinviare. I lavoratori e le lavoratrici del settore meritano risposte, salario, rispetto”. Occorre sottolineare poi il valore del territorio come bene comune, da mantenere in un alveo assolutamente pubblico. “Legare il patrimonio ambientale al profitto sarebbe una follia”, sottolinea De Marco. Eppure né la manovra nazionale né quella regionale contengono le norme annunciate. “Ci piacerebbe tanto sapere cosa ne sia stato di quelle promesse”, chiedono i sindacati che tra fine novembre e i primi di dicembre – proprio in virtù degli annunci della Lega – avevano sospeso una protesta di piazza che avrebbe portato migliaia di operai sotto Palazzo d’Orleans.

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