VII Rapporto Agromafie e Caporalato, allo stesso tavolo governo, opposizioni, sindacati e associazioni 

Mininni: “In agricoltura le ispezioni vanno triplicate”

La presentazione del VII Rapporto Agroimafie e Caporalato dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil è un evento con la ‘e’ maiuscola. Non ci sono soltanto i dati, puntuali, dello stato patologico delle cose nel settore primario, dove “sfruttamento e caporalato dettano ancora le regole di un modello di sviluppo sbagliato”, come ben sintetizza Giovanni Mininni, segretario generale della Flai Cgil. L’appuntamento al centro congressi Frentani è anche l’occasione per far sedere allo stesso metaforico tavolo rappresentanti di un governo – come il sottosegretario al Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Patrizio La Pietra – che abitualmente non vede il sindacato come suo interlocutore, esponenti dell’opposizione come il vicepresidente della Camera, il pentastellato Sergio Cosa, l’europarlamentare Dem Camilla Laureti, e ancora la prefetta Iolanda Rolli. Non mancano naturalmente esponenti dell’associazionismo come  Laura Marmorale, presidente di Mediterranea saving humans e Fabio Ciconte, presidente di Terra!. 

Jean René Bilongo presidente dell’Osservatorio Placido Rizzotto fa gli onori di casa e tratteggia i contenuti del Rapporto, portando per mano la platea nei vasti campi del Meridione ma anche delle regioni del Centro Nord, dove le illegalità restano purtroppo un problema quotidiano. “Una vera e propria emergenza che vede 200mila lavoratrici e lavoratori irregolari nell’agricoltura italiana, con paghe da fame. Questo in un settore come quello dell’agroindustria, che pure vale 73,5 miliardi di euro, di cui circa la metà proprio nella produzione e raccolta di frutta, verdura e ortaggi destinati alle nostre tavole”. C’è spazio anche per l’emozione, nel ricordo di Umberto Franciosi che è stato colonna della Flai e insostituibile collaboratore alla stesura del Rapporto. E Angelo Rizzotto che porta con sé la memoria del fratello Placido, nipote e omonimo del coraggioso sindacalista, sempre in prima fila contro lo sfruttamento e il caporalato, che ha dato il nome all’Osservatorio. Quando salgono sul palco per ricevere i riconoscimenti, in platea si inumidiscono gli occhi e partono gli applausi. 

Le parole del sottosegretario La Pietra riconoscono l’importanza del Rapporto, un documento diventato negli anni imprescindibile per capire e analizzare quanti e quali siano i problemi sul tavolo. “Sono qua a nome del ministro Lollobrigida, siamo spesso su posizioni diverse con le organizzazioni sindacali, ma abbiamo lo stesso obiettivo di contrastare lo sfruttamento e il caporalato in agricoltura. Grazie per quello che state facendo”. Dall’onorevole Sergio Costa arriva l’inviato al variegato mondo delle opposizioni al governo Meloni di fare outing: “In vent’anni non siamo stati in grado di abrogare la legge Bossi-Fini per riscriverla completamente, con una connotazione anche umanitaria del flusso delle migrazioni”. La prefetta Rolli descrive il caporalato come “una grossa lavatrice per la criminalità organizzata. Dopo armi e stupefacenti, il traffico di esseri umani è al terzo posto nel fatturato delle mafie. Nei primi due se vogliamo possiamo non essere personalmente coinvolti, nel terzo lo siamo comunque, quando ad esempio compriamo un barattolo di pelati a un prezzo indecentemente basso, evidentemente frutto di lavoro sfruttato e mal pagato”. Non per caso Ciconte di Terra! parla del dualismo “fra agricoltura ricca e lavoratori poveri. Un vero e proprio cortocircuito spiegabile solo con la logica del massimo profitto a tutti i costi”. Tocca all’ europarlamentare Laureti ricordare la battaglia civile sulla clausola della condizionalità sociale, “per favorire le aziende che rispettano i diritti di lavoratrici e lavoratori e non farle travolgere dalla concorrenza di chi di illegalità si nutre”. Laura Marmorale ben fotografa l’importanza del Rapporto e della collaborazione con la Flai “un porto sicuro, un approdo da cui poter ripartire per salvare altre vite. Esistenze che non possono essere cancellate nei campi dove si viene sfruttati e pagati poco o nulla”. 

“Bisogna smettere di nascondere la polvere sotto il tappeto per salvaguardare il buon nome del made in Italy – tira le somme Francesca Re David, segretaria confederale della Cgil – vanno messi in campo tutti gli strumenti idonei a sradicare questo odioso fenomeno, a partire dalla programmazione continua e capillare dei controlli”. 

Ai Frentani intervengono i segretari Flai dei territori, che forniscono dati incontestabili su uno sfruttamento che interessa l’intera penisola. “La filiera dell’illegalità mortifica il lavoro, toglie dignità alle donne e agli uomini che con il loro impegno quotidiano mandano avanti il paese”, osserva Giovanni Mininni. “Ad essere sbagliato è lo stesso modello di sviluppo che va cambiato, lo sfruttamento e il caporalato non interessano solo il settore primario, sono una pratica costante in tanti settori produttivi – sottolinea Mininni – Il sottosegretario la Pietra con il suo ministero ha messo in campo provvedimenti anche interessanti, ma è necessario che arrivino i decreti attuativi. Penso ad esempio alle banche dati delle imprese in agricoltura per riportare sotto controllo una situazione che, a giudicare dai dati del Rapporto su Agromafie e caporalato, è sfuggita di mano. Ci sono troppi pochi controlli, sono cresciuti solo dopo l’eco che ha avuto nel paese il terribile omicidio di Satnam Singh. Le imprese che si nutrono dell’illegalità non devono essere aiutate, distorcono il mercato e penalizzano gravemente le imprese virtuose”.  

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