Giornata Mondiale dell’Alimentazione, Flai Cgil: “Il cibo è un bene collettivo, che non può essere frutto del lavoro senza diritti e tutele”

“Un cibo sano e di qualità non può che essere frutto di un lavoro dignitoso, libero da ogni forma di sfruttamento – sottolinea il segretario generale della Flai Cgil, Giovanni Mininni – La Giornata mondiale dell’Alimentazione è l’occasione per affrontare un tema cruciale come il diritto al cibo, perché un mondo in cui fame e malnutrizione sono la realtà per miliardi di bambini, donne e uomini è profondamente sbagliato. Dobbiamo parlare di sistemi alimentari sostenibili, compatibili con un ambiente sempre più provato dall’inquinamento e dagli stravolgimenti climatici causati da un modello di sviluppo deleterio. Se avessimo la volontà politica e morale di investire in cibo, salute ed educazione piuttosto che in armi, tagliando appena l’1% del bilancio militare del G7, sicuramente andremo incontro a un futuro più giusto, equo e pacifico”. La Giornata Mondiale dell’Alimentazione 2024 istituita dalla Fao nel 1979, ha l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica su una delle sfide più urgenti del nostro tempo: garantire un accesso equo e sostenibile al cibo per tutti. Le persone che soffrono la fame a causa di conflitti, eventi climatici e recessioni economiche, sono 733milioni, anche se gli agricoltori producono abbastanza cibo da sfamare gran parte della popolazione mondiale. “Un lavoratore che non riceve il giusto salario – sottolinea Mininni – non potrà avere a disposizione un cibo sano e sufficiente, allo stesso modo un cibo prodotto da lavoro sfruttato non sarà mai un buon cibo. Uno studio dell’Onu rivela che le donne impegnate nella produzione agricola ricevono solo 82 centesimi per ogni dollaro guadagnato dagli uomini. Se avessero lo stesso accesso alle risorse produttive degli uomini, i rendimenti agricoli potrebbero aumentare del 20-30 per cento, nutrendo altri 100-150 milioni di persone. L’obiettivo fame zero previsto nell’Agenda 2030 è lontano e non si può pensare di raggiungerlo – conclude Mininni – senza considerare un sistema globale più giusto, che distribuisca equamente le risorse alimentari ma che sia anche sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale”.

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