Il welfare non può essere risolto dal privato

A Milano per raccontare il contributo della bilateralità dell’industria alimentare. “Per noi resta integrativa e non sostitutiva, come invece sta diventando”, precisa il segretario generale della Flai Cgil Mininni

Esercizi bilaterali di sostenibilità, effettivamente un “titolo geniale”, come lo ha definito qualcuno degli intervenuti, per dire che non poteva esserci sintesi migliore per raccontare, a nemmeno un anno e mezzo dalla sua costituzione, cosa ha fatto e, soprattutto, cosa continuerà a fare l’Ente bilaterale di settore, nato nel settembre del 2022 per volontà delle organizzazioni datoriali del settore alimentare e dei sindacati di categoria, Flai, Fai e Uila. Bilateralità, e cioè, come spiega il presidente di Ebs Industria alimentare Alessandro Glisenti che ha aperto questa mattinata milanese, “le azioni di reciproca utilità con cui imprese e lavoratrici e lavoratori possono contribuire a rendere più sostenibile il mondo dell’industria alimentare”. 

Dunque, stiamo parlando di welfare, ovvero: assistenza sanitaria integrativa, previdenza complementare, assicurazione sulla vita, ma anche sostegno alle vittime di violenze di genere, insomma tutti quegli esercizi che, messi in campo, danno un contributo – prezioso, solitamente – alla responsabilità sociale di questo settore. Detto in altre e più spicce parole, che migliorano la vita delle persone e il rendimento dei lavoratori, quello che il professor Michele Faioli, associato di Diritto del lavoro alla Cattolica, definisce “efficientamento professionale”.

UN PO’ DI STORIA
Una tavola rotonda, sottolinea Glisenti, “che apriamo oggi con l’intento di non chiuderla più”. “La giornata di oggi – gli fa eco il segretario generale della Flai Cgil Giovanni Mininni, che con lui ha aperto il convegno – è una semplice tappa di un processo che è iniziato nel 2022, e vuole essere al tempo stesso un momento di bilancio e di ripartenza”.

“Da allora lo spirito – ricorda Glisenti – è essere utili a imprese e lavoratori, con l’idea di adattarci alle loro esigenze”. “Per questo – ricorda Mininni – già nel 2023 siamo intervenuti per unificare la contribuzione: abbiamo colto l’esigenza di avere un sistema più fluido per le imprese e nel versamento, e fluido anche nell’immissione delle risorse”. “Attenzione a maternità e paternità – continua Glisenti -, soprattutto a chi si trova in difficoltà”. “E poi, ricorda orgogliosamente Mininni, abbiamo colto una bellissima sfida, quella di mettere in campo un’azione importante contro la violenza di genere, forse unica nel panorama della bilateralità, costruendo un sistema di tutele che scattano in caso di denuncia. Con l’aiuto dell’associazione Pangea, diamo sostegno concreto, ad esempio facendoci carico delle spese di trasloco, viaggio, locazione e ricollocamento lavorativo per le donne che denunciano le violenze subite e per questo devono cambiare città”. 

PRINCIPI E PROGRAMMI DI SVILUPPO
Il futuro – dice nemmeno troppo ironicamente il segretario generale della Fai Cisl Onofrio Rota, citando il titolo di un’opera teatrale di Toni Servillo attualmente in programmazione – è trovare tre modi per non morire…”. Ma il futuro, anzi in realtà un presente di crisi, conflitti e povertà, propone una sfida, più di ogni altra. “Il tema delicato – spiega Giovanni Mininni – è come ritenere la bilateralità: per noi resta integrativa, e non sostituiva, come invece sta diventando. Qui scoppia la contraddizione, dobbiamo dire che il welfare non può essere risolto dal privato, altrimenti non siamo più un Paese fondato sulla Costituzione. Se la sanità pubblica continua a non essere finanziata e arretra, non possiamo pensare che questo arretramento sia sostituito solo dal welfare privato, perché così contribuiamo ad alimentare l’arretramento di tutto il Paese. Non possiamo accettare una società di questo tipo, è un nostro impegno e un impegno della Cgil”. E un impegno, nobilissimo, “è la lotta alla violenza di genere, con cui – ancora Mininni – la bilateralità ha fatto un salto di qualità, è andata a intervenire non solo a tutela delle persone e delle imprese, ma si è presa anche la responsabilità di affrontare un problema culturale. La violenza di genere è un problema degli uomini e deve interrogare tutti noi su quale sia la concezione culturale del nostro rapporto con le donne. Come farlo? Con la formazione, che sia rivolta anche agli uomini. In questo modo, l’ente bilaterale si prende in carico un impegno enorme”. Del resto, “non siamo solo sussidiari e integrativi, spesso noi come parti sociali anticipiamo le scelte del legislatore. Ovvio che non dobbiamo sostituirci, ma possiamo offrire il nostro contributo all’esercizio di una funzione statale che molto spesso viene a mancare – spiega Enrica Mammucari, segreteria generale della Uila Uil -. Dobbiamo avere visione strategica e competenze per gestire le dinamiche di un mondo che sta cambiando e di fronte al quale le parti sociali devono farsi trovare pronte”.

LE SFIDE
Ad esempio, sottolinea Onofrio Rota, “dobbiamo affrontare il problema del calo demografico, nel 2050 avremo sette milioni di lavoratori in meno, eppure questo Paese va avanti quasi come se nulla fosse. Cerchiamo di vedere più in profondità quello che avviene nella società”. Rota fa un passaggio sulla rappresentanza sindacale nei consigli di amministrazione delle imprese, battaglia cara alla Cisl, a cui Mininni risponde così: “Noi abbiamo la legge 199 contro il caporalato che già prevede un ruolo per gli enti bilaterali, e ci sta bene, ma quando pensiamo al ruolo che deve esercitare un sindacato, a tutela del lavoratore, non possiamo farci carico delle politiche attive del lavoro, perché significherebbe parcellizzare, chiuderci ognuno nel proprio settore e, quindi, fallire come ha fatto lo Stato. Rischieremmo di diventare corporativi e perdere quel valore di sindacato confederale che guarda a tutto il Paese: da soli non ci si salva. Il nostro ente bilaterale che fa e bene tante cose, deve restituire qualcosa della ricchezza prodotta nel settore al Paese. Prendiamo il tema della sicurezza alimentare: se aumentano sempre più i poveri, chi potrà permettersi il cibo di qualità? Dobbiamo avere una visione ampia, pensare che il sistema agroalimentare produca cibo di qualità anche per chi non può permetterselo, magari donandolo alle associazioni che si occupano di questo. È un’altra sfida per l’ente bilaterale”.

LE COMPETENZE
“Però – chiude Mammucari della Uila – dobbiamo creare ponti tra i lavoratori e le imprese, offrendo competenze, non solo la funzione politica, magari anche avvalendoci di associazioni esterne, il mondo del terzo settore, universitari, giuristi, tributaristi. Abbiamo un problema di carenze strutturali di competenze, ci sono tre milioni di neet, giovani che non studiano e non cercano lavoro, a questa platea innanzitutto dobbiamo rivolgerci, esercitiamo questo ruolo perché altrimenti le imprese si rivolgeranno a qualcun altro. Ma per farlo, dobbiamo acquisire competenze profonde, le cosiddette hard skills. Quindi, sfruttiamo le Ebs perché finanzino progetti di formazione congiunta, ne abbiamo bisogno per capire gli strumenti che vogliamo gestire”. 

Dunque, work in progress, lo stesso messaggio che trasmette il nuovo logo scelto per l’ente, una fabbrica che abbraccia tutta l’industria alimentare, “che racconta la nostra continua evoluzione”, sottolinea Mininni. 

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