La Via Maestra fa tappa a Napoli per difendere la democrazia

Sulla via maestra questa volta ci sono almeno 50mila persone. E le strade di Napoli quasi non ce la fanno a contenerle tutte. Donne e uomini di ogni età e condizione sociale rispondono all’invito delle 160 realtà associative, sindacali e politiche che sono sempre più unite nel chiedere a governo e parlamento non solo di rispettare i principi e i valori costituzionali, ma anche di applicarli. Una risposta forte, corale, ai tentativi di Giorgia Meloni & c. di stravolgere la Carta fondamentale della Repubblica a colpi di autonomia differenziata, presunto ‘premierato’, limitazione della libertà di manifestare e di esprimere il proprio pensiero, con la guerra e il riarmo che sono diventati moneta corrente nelle relazioni internazionali dell’Italia sia all’interno dell’Unione europea che negli scenari bellici che si susseguono dentro e fuori del Vecchio Continente. Anche per questo il bandierone palestinese che sfila poco distante dal grande spezzone della Flai Cgil non stona, in un contesto così tragico come quello che da mesi e mesi viene vissuto dalle popolazioni civili della striscia di Gaza e della Cisgiordania.

“Vogliamo applicare la Costituzione per cambiare il paese – spiega il segretario nazionale della Flai Cgil, Giovanni Mininni – perché la vera rivoluzione è applicare i principi e i valori che sono contenuti nella Carta. Bisogna unire il paese, non spezzarlo. I diritti fondamentali, il diritto al lavoro, alla salute, all’istruzione, vanno garantiti a ogni cittadino a prescindere da dove è nato, dove abita”. 

Piazza Dante è stracolma, in un caleidoscopio di colori che vede predominare il rosso della Cgil, senza dimenticare altre realtà popolari e radicate nella società italiana come l’Arci, l’Acli, Legambiente, Sbilanciamoci! Dal palco gli interventi di docenti universitari e lavoratori, giornalisti e scrittori, ambientalisti e personalità della società civile.

“Il percorso della Via Maestra non è iniziato ieri – ricorda il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini – ha alle spalle manifestazioni che vanno avanti da due anni. Abbiamo cominciato quando il nostro paese si è trovato di nuovo davanti alla guerra, con la grande manifestazione del 2022, quando abbiamo detto basta alle guerre, basta a investire nelle armi, chiedendo invece alla diplomazia e alla politica di tornare al comando”. Un percorso che poi “ci ha portato in piazza per difendere la sanità pubblica, e che ci porta oggi a Napoli per dire che, dalla capitale del Mezzogiorno, c’è bisogno di unire e non di dividere. Di costruire quell’Europa che non c’è, ossia l’Europa sociale, l’Europa dei diritti, non quella della moneta e della finanza”. 

La nostra Repubblica non è più fondata sul lavoro, ma sulla precarietà e sullo sfruttamento. Abbiamo quattro milioni di lavoratori in part time involontario, che non arrivano a 20 ore a settimana, di cui il 70% donne e l’80% nel Mezzogiorno, con uno stipendio che non supera i 10 mila euro annui. Tra contratti a termine, a chiamata, in somministrazione, abbiamo altri cinque milioni di lavoratori. E poi ci sono le false partita Iva, o chi è costretto a fare lavoro autonomo. “Questo livello di precarietà è inaccettabile, c’è una legislazione balorda che va cambiata – scandisce Landini – Una legislazione che non è nata ieri: sono leggi fatte da 25 anni, da tutti i governi che si sono succeduti. Sono convinto che i nostri quattro referendum parlino a tutti. Che futuro vogliamo lasciare ai nostri figli? Dover andare all’estero, lavorare in nero, essere precari a vita? Questa è una battaglia da fare tutti assieme, proprio per cambiare il Paese e applicare la Costituzione, affinché anche i giovani precari siano cittadini con pari dignità”. Nei tanti banchetti che circondano il palco c’è la fila a firmare i quattro referendum della Confederazione. Alla fine i tantissimi manifestanti si salutano con una promessa, ci rivedremo ancora, presto, per continuare il cammino sulla Via Maestra.

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