Landini a Bologna apre la campagna referendaria della Cgil: Cambiamo questa società balorda che sfrutta le persone

In un Paladozza gremito, oltre tremila i delegati presenti, si è aperta la due giorni che proietta il sindacato verso il voto sui cinque referendum. Sul palco anche lo storico Alessandro Barbero e l’attore Stefano Massini

Bologna partigiana, Bologna medaglia d’oro, Bologna vicina al lavoro. Bologna referendaria. Parte da qui, dalla città che non si rassegna, che lotta al fianco chi si batte contro ingiustizie e disuguaglianze sociali, la campagna referendaria della Cgil. La prima tappa di una grande rincorsa che coinvolge tutta la confederazione, comprese le sue categorie, comprese le compagne e i compagni della Flai. Parte dal PalaDozza, gremito come per le partite della Fortitudo di basket, un cammino che dovrà portare al voto la maggioranza degli italiani, ventisei milioni di persone.

VOTIAMO E VINCIAMO
Parte da questa assemblea delle assemblee generali, momento insieme centripeto e centrifugo, dalla periferia al centro e dal centro alla periferia: delegate e delegati, lavoratrici e lavoratori, uno spaccato della Cgil e delle sue categorie, presenti come la Flai col proprio striscione, insieme alle associazioni e ai comitati, in tremila a lanciare la rincorsa ai cinque quesiti referendari, i quattro sul lavoro promossi dal sindacato e quello, che l’organizzazione confederale ha abbracciato, sulla cittadinanza. “Il voto è la nostra rivolta”, uno slogan che già chiama alla mobilitazione, “per non lasciare agli altri il diritto di decidere e scegliere per noi”. Uno slogan che lo storico Alessandro Barbero, che introduce i lavori dopo i saluti dei rappresentati bolognesi, spiega con poche, semplici ma profondissime parole: «Perché votare è importante? Perché ci ricorda a cosa servono le democrazie, a migliorare le condizioni di vita delle persone. E allora votiamo e vinciamo».

LA PARTITA DI OGGI
Il lungo, appassionato excursus storico di Barbero è tutto un passare in rassegna, tra gli applausi del PalaDozza, le conquiste di lavoratrici e lavoratori, dalle lotte delle mondine per le otto ore agli scioperi degli operai torinesi nel 1943, fino alle battaglie di questi giorni, condotte per difendere i diritti acquisiti, che solo apparentemente si differenziano dalle conquiste del passato: «Oggi il lavoro precario non mette forse in discussione il diritto di associazione? E con quello frammentato quanti lavorano davvero solo otto ore? Da un certo punto di vista, siamo quasi daccapo, la partita che si gioca oggi è anche per non perdere le conquiste del passato».

Comincia citando Marc Bloch, Barbero, lo storico che divenne uno dei capi della Resistenza francese, fucilato nel giugno del 1944. «Era un grande borghese, non era comunista e aveva orrore del dogmatismo, però aveva il senso degli interessi contrastanti, l’idea che una società è fatta di conflitti e il conflitto non è tossico». Chiaro il riferimento alle dichiarazioni della premier Meloni, immediato l’applauso dell’assemblea. E ancora, ricordando lo sdegno di Bloch per l’indifferenza e il fastidio con cui la borghesia francese liquidò le mobilitazioni delle masse proletarie francesi, «non si può non essere toccati dalle battaglie di chi combatte le disuguaglianze e lo sfruttamento. La storia non va da sola verso il progresso, può anche tornare indietro, e noi lo sappiamo bene. Però ci sono anche dei fili conduttori, è la lotta per il lavoro è uno di questi. Ce ne sono altre, come la battaglia per la cittadinanza, ma questa abbiamo appena iniziato a scriverla…».

ITALIANI VERI
Già, e perché sia giusto mobilitarsi anche per votare il quesito sui tempi di concessione della cittadinanza, lo spiega Sonny, «nero, stronzo – si definisce -, con un background migratorio, ma italiano, dai capelli ai piedi». Racconta, Sonny, di un viaggio da Roma a Parigi nascosto su un treno per andare a rappresentare l’Italia in una gara internazionale di hip hop, e il tricolore sventolato sul podio pur non essendo un cittadino… italiano. «Eppure, in un Paese che invecchia e perde giovani e lavoratori, noi figli di migranti siamo la parte che nasce e cresce e ha voglia di Italia, non è che ci sentiamo italiani, siamo italiani».

UMANITÀ PERDUTA
Tutto si tiene. La cittadinanza e il lavoro. L’uguaglianza e la dignità. L’assemblea delle assemblee è la prima tappa di un percorso che – ricorda Michele Bulgarelli, segretario generale della Cgil Bologna, «deve riportare il lavoro al centro del discorso pubblico». Un racconto – straordinario, fatto di rime e denunce – sul lavoro è affidato a Stefano Massini, insegnante, autore ed attore.

«Vorrei parlare di lavoro come del “perduto amore” – attacca -. Ci hanno scippato il lavoro, non lo amiamo più. Pensate al Totocalcio, chi vinceva negli anni Cinquanta reinvestiva regolarmente la vincita nel suo lavoro, per progredire; oggi chi vince al gratta e vinci lascia subito il lavoro, vuole scappare dal lavoro, perché il lavoro ormai è un far west senza diritti, e fino a quando non riusciremo a insegnare nelle scuole che i diritti sono diritti e non lussi, non andremo da nessuna parte». Diritti da difendere e umanità perduta. «Lavoratrici e lavoratori ormai rischiano di essere l’anello debole della catena: l’Italia ha scritto nella Costituzione che è una Repubblica fondata sul lavoro, ma quale lavoro? Un lavoro senza umanità».

TOSSICI E CONFLITTI
Il segretario generale della Cgil comincia con una battuta che è insieme risposta alle esternazioni della Meloni, è inevitabile. «Ieri sera ho scoperto che sono tossico, ma io non sono mai stato così bene, vi assicuro… sarà che da anni condivido la mia vita con tanti altri tossici. Chi ha queste paure, deve ricordarsi che se questo è un Paese democratico, dove addirittura loro attraverso il voto oggi governano, è grazie alle lotte e alle battaglie di questi tossici, perché senza il conflitto democratico, non ci sarebbe democrazia. È difficile da capire, ma noi siamo gente che ha pazienza».

Con pazienza e fermezza, invece, si parte per questa impresa referendaria. «Non abbiamo ancora la data, ma iniziamo il cammino. Nei prossimi giorni chiederemo un incontro alla presidenza del Consiglio, perché dobbiamo garantire a tutti, a cominciare dai fuori sede, di poter votare. Si può dire di sì e no dovunque: se si ha a cuore la democrazia, si deve garantire questo diritto. In un Paese in cui ormai la metà dei cittadini non va a votare, perché profondamente sfiduciata, io penso che il voto va ricostruito, perché è un diritto individuale fondamentale e determina immediatamente un cambiamento». Landini spiega perché: «Il referendum, a differenza di un voto politico o amministrativo, non delega nessuno a rappresentarmi, sono io che andando a votare decido. Io non so se riusciremo a raggiungere tutti, ma se ci impegniamo tutti, se ognuno degli iscritti alla Cgil convince cinque non iscritti, è fatta».

LIBERTÀ COME SOLIDARIETÀ
In ballo, conclude Landini, «c’è la possibilità di rimettere al centro il lavoro, la persona, non più il profitto, non più il mercato. L’obiettivo non è scontato, ma dobbiamo avere tutti noi la stessa passione e la stessa forza di chi qui oggi ha rivendicato il diritto alla cittadinanza, dobbiamo crederci innanzitutto noi. Io ci credo, davvero: abbiamo la forza per dimostrare che la maggioranza di questo Paese è fatta di gente perbene, che crede sia necessario oggi recuperare il valore della libertà come solidarietà, per un nuovo modello fondato sulla giustizia sociale. Lo diceva Pertini, la libertà senza giustizia sociale è solo la libertà di morire di fame. Noi vogliamo cambiare questa società balorda che sfrutta le persone».

Dunque, lavoro, sicurezza, dignità, cittadinanza, democrazia. E qual è il più forte e democratico strumento di libertà? Tornare a votare. Tornare a decidere. Tornare a cambiare. Questo Paese precario, insicuro, sfruttato, sottopagato, subappaltato.

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