«Noi, forestali siciliani, precari e traditi dalla politica. Ma non ci arrendiamo»

Parla Giuseppe Candela, lavoratore stagionale in servizio da quasi quarant’anni e iscritto alla Flai Cgil. «Torniamo in piazza il 22 gennaio per una riforma del settore che renda il nostro lavoro più stabile e dignitoso»

Un’altra promessa al vento, l’ultima di tante. Dopo che la Lega si era esposta e aveva ribadito che per la stabilizzazione dei forestali siciliani nella finanziaria sarebbero arrivati 55 milioni di euro l’anno per cinque anni, a fine 2024 è arrivata la doccia fredda. Nessuno stanziamento nella legge di Bilancio e riforma regionale del settore rimandata – forse – alla prossima primavera. «Un altro rinvio, un’altra presa in giro della politica nei nostri confronti. Per questo motivo abbiamo deciso di scendere di nuovo in piazza il prossimo 22 gennaio insieme a Fai e Uila, a Palermo» ci spiega Giuseppe Candela. Forestale da quasi 40 anni, iscritto alla Flai Cgil, si occupa di antincendio boschivo. 

Da quanto tempo aspettate una riforma che renda il vostro lavoro meno precario?
Abbiamo sempre fatto battaglie, sempre manifestato per migliorare i diritti di ogni lavoratore del settore, sin da quando ho iniziato questo mestiere. Già nel 2005 c’era sul tavolo una proposta di riforma presentata dal governo siciliano di Cuffaro. Ogni lavoratore in tre anni avrebbe dovuto fare uno scatto al livello superiore. Ma l’anno successivo è stata in gran parte rinnegata con la legge 14 del 2006. Se ne è poi riparlato nel 2009, di nuovo senza risultati. 

Cosa prevede, invece, la più recente intesa tra governo Schifani e sindacati?
L’accordo mira a creare una struttura più funzionale per gestire riforestazione e messa in sicurezza del territorio. Inoltre prevede una graduale stabilizzazione dei forestali. Tutti gli stagionali, che sono quasi 15mila, avrebbero un aumento di 27 giornate di lavoro. Inoltre, dopo tre anni le fasce di garanzia (ossia il numero minimo assicurato di giorni di lavoro, ndr) diventerebbero di 156 giornate, 178 giornate e tempo indeterminato. 

Può spiegarci meglio?
Per capirci, ad oggi ci sono ancora “settantottisti”, “centounisti”, “centocinquantunisti”. Chi fa meno giornate ne fa appunto 78, ciò significa che viene retribuito per quei giorni e poi ne riceve altri 78 di disoccupazione. Sfido chiunque ha una famiglia a poterla mantenere in quelle condizioni. Parliamo di povertà assoluta. 

C’è anche chi dice “vabbé, ma molti forestali tanto fanno pure un altro lavoro”. 
È vero. Il punto è che non lo facciamo per hobby, o per guadagnare di più, ma per sopravvivere. Si tratta di una necessità, ancora più urgente per chi ha figli da mantenere. Per questo 27 giorni di lavoro in più, che per qualcuno potrebbero sembrare poca cosa, per noi sarebbero un primo risultato importante per arrivare ad un’occupazione più stabile e dignitosa. 

Nel frattempo, la vostra età media è sempre più alta…
Il personale è composto da adulti, l’età media è di 60 anni, sono pochi quelli più giovani. Io stesso ho solo quattro anni di lavoro davanti a me, a 67 dovrei andare in pensione. Manca un ricambio generazionale. Quando abbiamo iniziato a fare questo lavoro erano tanti i trentenni, pieni di forza. Oggi siamo chiamati ugualmente a intervenire nei medesimi contesti, a spegnere incendi. Sopperiamo alla minor prestanza fisica con la grande esperienza che abbiamo maturato. Ma si tratta comunque di un lavoro delicato, pericoloso e rischioso. Io sono caposquadra e la lista delle mie responsabilità è lunghissima. 

Oltre a mancare un adeguato turn over, più volte avete denunciato che siete sprovvisti di strumenti più moderni, per operare con maggior efficacia. 
Ancora ci fanno usare i flabelli (una sorta di frusta che soffoca le fiamme, ndr). Esistono dispositivi più aggiornati, soffiatori, nebulizzatori, zaini ad acqua, ma non li abbiamo, la Regione non li compra. L’ho fatto presente più volte, all’Ispettorato ripartimentale delle foreste (il loro datore di lavoro, ndr), alle guardie forestali. Con un soffiatore si fa il lavoro di dieci operai coi flabelli, con minor fatica e tempo. Nel frattempo, la nostra età avanza, gli acciacchi aumentano. 

E il cambiamento climatico, nel frattempo, renderebbe ancora più improrogabile un investimento serio nella tutela del territorio…
Certamente, se si vuole davvero prevenire gli effetti del dissesto idrogeologico, delle alluvioni…

Cosa vi aspettate, dunque, dalla protesta del 22 gennaio?
L’ultima promessa della Lega era un’altra chiara buffonata. Ma se anche dal governo centrale non dovessero intervenire, la Regione può e deve farlo. Noi non ci arrendiamo, continuiamo a lottare per le nostre condizioni di lavoro e di vita. È un nostro impegno e dovere.

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