Pescare nell’epoca del riscaldamento globale 

Una triangolazione tra scienza, mercato e lavoro per trasformare i problemi in risorse e salvare un mestiere, una tradizione, una storia

I pescatori sono i primi ad accorgersi dell’arrivo di specie ittiche diverse, del loro graduale aumento, fino ad arrivare ad una vera e propria invasione. Anche i pescatori devono fare i conti con gli stravolgimenti climatici e i loro effetti. Le loro informazioni sono importanti per integrare la ricerca scientifica, condizionare distribuzione e commercializzazione della risorsa ittica. Solo un lavoro sinergico può predisporre il settore ad affrontare in maniera costruttiva quella che è una vera e propria emergenza. Un sistema integrato pronto adattarsi alla nuova realtà.   

SPECIE ALIENE
La segnalazione di specie aliene nel Mediterraneo è ormai una costante. Pesci, molluschi, crostacei, alghe e celenterati entrano dalle porte del Mediterraneo e da pionieri colonizzano i nostri mari. Spesso vengono trasportati da navi che hanno percorso mari diversi dal Mediterraneo, oppure attraverso lo stretto di Gibilterra, dal Canale di Suez e dal Mar Rosso. Se ne contano circa 600 e il loro numero è in costante aumento dall’inizio del XX secolo.

Inizialmente erano stanziali, si trovavano solo nel sud del Mediterraneo, in acque più calde e temperate. In questi ultimi anni, complice il riscaldamento dei mari che un tempo fungevano da barriera naturale, stanno risalendo l’intero bacino. Una migrazione che coinvolge anche specie native. Siamo di fronte ad un vero e proprio esodo di specie, che cercano zone più adatte a proliferare e sopravvivere. Scenari apocalittici, con tonnellate di pesci morti per anossia sono ormai fenomeni comuni e dimostrano quanto il Mediterraneo e gli oceani stiano subendo un profondo cambiamento. Una temperatura dell’acqua di oltre 25°C e per un periodo prolungato ha effetti devastanti sulla sopravvivenza dei pesci del Mediterraneo, incrementa malattie e parassiti, si ripercuote su larve, novellame e uova. 

Le principali invasioni nei mari italiani, finora, hanno come protagonisti dei nativi mediterranei o nel caso del famigerato granchio blu un alieno invasivo a scoppio ritardato. Il vermocane, le meduse, il pesce scorpione, il pesce palla sono il prodotto di questo cambiamento, in una miscela dove specie aliene e specie native finora in equilibrio vengono innescate da una nuova normalità ambientale. Con questo non possiamo dire che siamo di fronte ad un processo irreversibile, molte specie sono comparse e sparite in autonomia, ma quello che dobbiamo capire è se possiamo gestire e comprendere questo fenomeno inserendolo in un percorso per la valorizzazione e gestione della risorsa ittica. 

GRANCHI BLU SUL DELTA DEL PO
Sul Delta del Po si è acceso un grande faro sulla questione granchio blu e la sua commercializzazione alimentare, una soluzione tampone e non a medio e lungo termine. A fronte dell’invasione di meduse nell’Adriatico, a Chioggia, la Flai con l’aiuto della ricerca del biologo marino Roberto Odorico ha messo in campo una serie di soluzioni che andavano dall’uso commestibile all’uso cosmetico e sanitario del collagene estratto da questa razza aliena. Ristorazione e stanziamenti regionali e governativi non sono da sottovalutare ma serve altro, maggiore capacità di pesca con nasse di grosso volume e successivamente, per esempio, l’utilizzo del carapace del granchio che contiene chitina. Chitina, una sostanza molto ricercata che estratta può essere usata dalle case farmaceutiche, serve quindi, anche se a lungo termine, organizzare una filiera che parta dal territorio e che veda coinvolti tutti gli attori, dalla politica alle organizzazioni sindacali datoriali e dei lavoratori.

Quanto accaduto con il granchio blu, oppure con l’invasione delle meduse o della mucillagine, è l’apice di un effetto che si è costruito nel tempo. Un percorso lungo che vede gli operatori del settore testimoni e vittime. Ma a questo punto siamo già in una fase emergenziale, quello che poteva essere una risorsa è stato avviato in buona parte alla distruzione, al macero. Se invece si riuscisse ad anticipare l’evento emergenziale, creando un sistema di monitoraggi e controllo, potremmo trovarci nella possibilità di sfruttare questa occasione. 

PER UNA PESCA RESILIENTE
Una triangolazione tra scienza, mercati e pescatori potrebbe prevedere e sfruttare invasioni come quelle che si sono verificate in questi anni, trasformando il problema in risorsa. Questo presuppone la resilienza di un settore attualmente in difficoltà. Un approccio diverso alla pesca, per passare dalla cattura esclusiva di specie richieste dal mercato, alla cattura di quello che il mare offre, rivalutando le specie meno pregiate, quelle aliene e invasive. Forse dovremmo ragionare di una pesca che tenta di anticipare gli eventi trasformando quello che verrà in quello che ci serve. Ma prima di tutto va aiutato un settore produttivo già in crisi. Nella ricerca della sostenibilità alieutica, i mutamenti climatici e i loro effetti collaterali devono diventare fondamentali per la gestione dell’attività dei pescatori. Attualmente l’unico elemento regolatore dello sforzo di pesca rimane la riduzione dell’attività di cattura. Meno pesce, meno attività di pesca. Un concetto che alla luce di quanto sta accadendo va rivisto. Se si vuole salvare un mestiere, una tradizione, una storia, va dato il giusto peso ad ogni elemento che influenza e riduce la pesca.

Antonio Pucillo
Capo dipartimento pesca Flai Cgil nazionale

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