Più occupati, meno imprese. Come cambia l’industria alimentare italiana

Il nuovo bollettino della Fondazione Metes si focalizza sui numeri relativi alla produzione di cibo, bevande e tabacco, elaborando dati di Inps e Istat

Aumentano l’occupazione e le giornate di lavoro per impiegato, diminuiscono stagionali e apprendisti, cala il numero delle imprese. Sono i principali trend relativi all’industria alimentare, delle bevande e del tabacco che la Fondazione Metes indica nel suo nuovo bollettino, prodotto a partire dagli ultimi dati Inps sui lavoratori dipendenti del settore privato. Tendenze con più luci che ombre, in uno scenario molto fosco, che vede un crollo della produzione industriale giunto al ventiduesimo mese di ribasso consecutivo lo scorso novembre. I dati dell’Inps presi in esame fotografano la situazione al 31 dicembre 2023 e ci forniscono strumenti per leggere meglio il quadro economico odierno. 

Guardando all’occupazione, nel 2023 si registra un aumento dell’1,5% sull’anno precedente. Rispetto al 2019, però, la crescita si ferma allo 0,7%. La maggior parte di lavoratori e lavoratrici del comparto – 468.201 in tutto – sono impiegati nel settore dei “prodotti da forno e farinacei”, circa il 36%, più del doppio rispetto a chi lavora alla “produzione di altri prodotti alimentari” e di chi è impegnato nella “lavorazione e conservazione della carne”, settori che si mantengono al secondo e terzo posto. Complessivamente, l’industria “strettamente” alimentare impiega il 90,4% dei dipendenti del comparto, l’industria delle bevande il 9,0% e l’industria del tabacco lo 0,6%.  

Se si considerano le giornate di lavoro, nel 2023 si arriva a 116,7 milioni di giornate complessive in questo segmento produttivo, in aumento del 4% nel quinquennio. Dopo il picco negativo del 2020, le giornate lavorate sono cresciute di quasi il 12%, con un +2% tra il 2022 e 2023. 

Nel frattempo, il numero di imprese con occupati del settore continua a calare, anche se in maniera meno drastica rispetto alle precedenti elaborazioni della Fondazione Metes. Il settore negli ultimi 5 anni ha perso l’11,8% delle imprese, passando da 49.436 nel 2019 a 43.602 nel 2023. Nell’ultimo anno il calo si è ridotto al 4% rispetto al 2022. Una diminuzione che ha colpito in particolare l’industria alimentare (-12,2% nei cinque anni), in misura minore quella del tabacco (-7,7%) e in modo tangenziale quella delle bevande (-1,6%). 

Elaborando i dati dell’Istat, Metes si sofferma anche sul tasso di irregolarità dei lavoratori dipendenti nel settore, ossia “la percentuale delle prestazioni lavorative non direttamente osservabili a fini statistici poiché svolte violando la normativa in materia fiscale-contributiva o perché svolte nell’ambito di attività illegali”. Le ultime rilevazioni a disposizione sono relative al 2022 e ci dicono che per le industrie alimentari, delle bevande e del tabacco, il tasso di irregolarità è sceso dal 7,0% al 6,1%, perdendo quindi lo 0,9% rispetto al 2018 ma subendo un incremento dello 0,5% rispetto al 2021. Se guardiamo all’intero settore manifatturiero, nel 2022 il tasso di irregolarità dei lavoratori dipendenti era del 4,0% (-0,9% rispetto al 2018 e +0,1% rispetto al 2021).

In termini assoluti si stima che i dipendenti non regolari dell’industria alimentare, delle bevande e del tabacco siano 24.900. Questa incidenza dell’irregolarità nell’industria alimentare è influenzata dalla peculiare frammentazione aziendale che caratterizza il settore: nel 2022, l’85% delle imprese alimentari con dipendenti aveva una dimensione inferiore ai 10 addetti e il 98% era sotto i 15 dipendenti.   

La suddivisione per genere degli occupati nel settore dell’alimentare, bevande e tabacco in Italia vede il 58,7% di uomini e il 41,3% di donne. Negli ultimi 5 anni l’occupazione maschile è cresciuta dello 0,3% mentre quella femminile è diminuita della medesima percentuale. 

Una fetta maggioritaria dei lavoratori e delle lavoratrici degli ambiti produttivi considerati, il 68,9%, sono stati retribuiti per l’intero anno 2023, il 14,1% per un periodo che va dalle 29 alle 51 settimane, il 9,5% per 13-28 settimane, il 7,5% per meno di 12 settimane. 

Nel precedente aggiornamento di Metes, basato su dati 2022, la variazione più significativa era stata quella della classe “fino a 12 settimane”, diminuita del 16% nel numero dei lavoratori in 5 anni e del 11% rispetto all’anno precedente. Per quanto riguarda il 2023, invece, quasi tutte le categorie retributive sono in calo, ad eccezione di quella relativa alle “52 settimane” che ha guadagnato il 5,6% in un solo anno. 

Il 74% dei lavoratori dipendenti di questo comparto (347.836) sono operai, il 19% (87.078) impiegati, il 4% apprendisti, il 2% quadri e l’1% dirigenti. Se prendiamo in considerazione la variazione nel numero degli occupati tra il 2022 e il 2023, notiamo che gli apprendisti sono diminuiti del 26,5%, mentre tutte le altre categorie sono cresciute: gli operai sono aumentati dello 0,8%, gli impiegati del 6,9%, i quadri del 15% e i dirigenti del 12%. 

Nel 2023 gli occupati a tempo indeterminato erano 357.095, il 76,0% del totale, a fronte di 76.293 occupati a tempo determinato (16,3% del totale) e 34.813 stagionali (7,4%). Rispetto al 2019, si è assistito ad un aumento dei contratti a tempo indeterminato (+1,2%) e di quelli a tempo determinato (+1,1%), mentre i contratti stagionali sono diminuiti del 3,6%.

Lo scenario dell’industria alimentare, delle bevande e del tabacco, però, non è uguale in tutto il territorio italiano. 

La Lombardia si conferma al primo posto in Italia per numero di imprese con dipendenti (4.845), di lavoratori (74.764) e di giornate lavorate (20.316.369). Cede il primo posto al Trentino-Alto Adige solo per quanto riguarda il rapporto tra numero di occupati per impresa (19) e numero di giornate per impresa (5.086). L’Emilia-Romagna è al secondo posto per numero di lavoratori e giornate, terza per rapporto occupati/impresa e giornate/impresa (dopo Lombardia e Trentino-Alto Adige) e al quarto per numero di imprese (dopo Lombardia, Sicilia e Campania), mentre il Veneto è al terzo posto sia per numero di lavoratori che di giornate lavorate. Chiudono la graduatoria per numero di imprese, lavoratori e giornate lavorate, nell’ordine: Basilicata, Molise e Valle d’Aosta. 

Per quanto riguarda il numero di occupati e di giornate per impresa, agli ultimi tre posti troviamo Liguria, Sicilia, Calabria e Sardegna. Confrontando i dati 2023 con quelli 2022, si nota che le imprese con dipendenti sono diminuite in tutte le regioni, dal -6,7% delle Marche al -2,3% dell’Umbria. Solo in Basilicata il numero delle imprese è rimasto stabile. Il numero degli occupati è rimasto sostanzialmente stabile in Toscana, Liguria e Sardegna mentre è aumentato in 15 regioni e diminuito in due; la Basilicata ha visto un aumento del 5,5% nel numero degli occupati, mentre le Marche, ultime nella graduatoria, hanno perso l’1,3%. Le giornate lavorate, invece, sono aumentate quasi ovunque: dal +0,5% in Toscana fino al +5,0% della Basilicata. Solo in Umbria (- 1,1%) e nella Marche (-0,4%) si registra una diminuzione.

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