Ricordare per conoscere e continuare a lottare. La sindacalista degli oppressi che si oppose al regime fascista

Chi era Argentina Altobelli?

Lei stessa raccontò che, quando nacque, suo padre che era a combattere per l’Unità d’Italia e sua madre di sentimenti patriottici, le trasmisero «l’amore che in quel tempo impregnava di sé l’aria penetrando in ogni mente per la libertà». Si avvicinò in un primo momento al mazzinianesimo per abbracciare poi il socialismo.

Nelle memorie e negli scritti di Argentina si legge: 

«Il fuoco sacro ardeva sempre in me contro i pregiudizi, le superstizioni che incatenavano il cuore e la mente della donna e cercavo il mezzo di manifestare il mio pensiero e di fare qualche cosa che potesse essere utile alla partecipazione delle donne alle opere civili oltre che a quelle famigliari. Fu a Parma che ebbi la fortuna di incontrare alcuni studenti di fede repubblicana capeggiati da Guido Albertelli, intelligente ardente mazziniano […] Io ero infatuata dagli scritti e dall’azione che esplicava Andrea Costa, benché adorassi Mazzini e Garibaldi. L’opera di Andrea Costa appariva alla mia mente più audace e complessa e più rispondente alla realtà che non la dottrina idealistica di Giuseppe Mazzini».

«Armonia di pensiero, di fede, di cuori, di fraternità umana, ecco cosa era il socialismo quando io lo abbracciai come una nuova religione … religione umana che aveva un largo campo di restaurazione per l’umanità sofferente ed oppressa dalle potenze del capitale e dallo sfruttamento dei potenti. […] Io sentii allora, come una missione, il dovere di contribuire alla elevazione del lavoro intendendo non solo la conquista di orari più umani, di salari più equi, di abitazioni più civili ma anche il riconoscimento di un rispetto maggiore alla vita per chi lavora. Soprattutto sentivo che socialismo voleva dire elevazione della donna e per primo della donna dei campi. Abbracciai il socialismo come una religione perché sognavo la giustizia per gli uomini, la solidarietà e l’amore».

Nel 1901, al congresso di Bologna, contribuì alla nascita della Federazione nazionale dei lavoratori della terra che guidò dal 1906 al 1922, anno dello scioglimento della Federterra per mano del regime fascista. Durante il suo mandato, gli iscritti passarono da 75.000 a circa 850.000. 

Animò scioperi e trattative ottenendo importanti risultati per le lavoratrici e i lavoratori della terra che lei stessa definì le formiche erranti più numerose che non hanno mai la sicurezza del pane: i salari ad ora, l’abolizione del lavoro a cottimo, l’introduzione delle 8 ore di lavoro al posto della giornata da sole a sole ed il riconoscimento degli uffici di collocamento. 

Ma, oltre alle conquiste sul piano dei diritti e dei salari, il grande merito di Argentina Altobelli fu quello di alimentare, come evidenzia Mario Casalini nell’opuscolo dedicato alle sue memorie, 

la convinzione che al di là della conquista di migliori condizioni di vita, i lavoratori devono guardare a qualche cosa di più grande e di più alto: alla loro emancipazione; e che per dare ai lavoratori la forza e la coscienza necessaria alla conquista di un nuovo domani occorre formare in essi la coscienza di classe. La battaglia del lavoro deve essere lotta e non odio di classe ed essa volle quindi creare quella unità sindacale che è e deve essere soprattutto nel metodo di lotta e di conquista e nell’ideale verso il quale si tende.

L’impegno nel sindacato e l’attività politica di Argentina Altobelli si intrecciarono, come ricorda Silvia Bianciardi, con la propaganda, intesa anche nell’accezione di istruzione e educazione: organizzare i lavoratori significava anche alfabetizzarli ed educarli politicamente come cittadini alla partecipazione, alla cittadinanza, alla vita pubblica.

«La mia vita di donna politica è stata guidata dall’amore verso l’umanità, da un orientamento sincero e profondo del pensiero della coscienza»: è la frase di Argentina Altobelli che abbiamo sentito pronunciare dal podio del XIX Congresso nazionale della CGIL dal Presidente del Consiglio. 

Questa citazione ci dà l’opportunità di ricordare che, proprio in virtù di questo suo orientamento, sempre e strenuamente si oppose al fascismo e rifiutò la proposta di Mussolini di collaborare con il regime. Celebre il suo articolo “Fascista proletario”, che scrisse rivolgendosi implicitamente proprio a Mussolini. 

Ecco chi era Argentina Altobelli. Una donna battagliera che «seppe ricordarsi di quelli che soffrono la fame o l’ingiustizia, che, a volte, è peggiore della fame stessa, e trovare in sé la forza per combattere in loro nome». 

Valeria Cappucci

Articoli correlati

Settantacinque anni fa la celere apre il fuoco sui braccianti di Melissa e uccide tre persone

Ricordiamo la strage con un estratto da Un nome in mezzo al grano, testo teatrale conservato nell’archivio storico “Donatella Turtura” della Flai Cgil nazionale Settantacinque...

Romagnoli. Una vita esemplare

Cento anni fa, il 9 marzo del 1924, ad Argenta nasce Luciano Romagnoli. Chi era e perché passerà alla storia come un dirigente indimenticabile? Nel...

Avola 1968, la polizia spara sui braccianti. “La lotta è dura e lunga ancora”

Sono all’undicesimo giorno di sciopero i braccianti siracusani e l’intervento armato della polizia altro non è che il tentativo delle forze agrarie di spezzare...