Seminare legalità, a Palermo in memoria dei sindacalisti morti per mafia

“Perché è stato assassinato Pio La Torre? Per l’impegno di tutta la sua vita”, così Dino Paternostro, responsabile legalità Cgil Palermo, introducendo l’iniziativa presso l’Istituto Gramsci, organizzata insieme alla Flai Cgil per ricordare i sindacalisti uccisi dalla mafia e presentare i dati del Primo Quaderno agromafie e caporalato.

Ricordare i nomi significa ricordare uomini con le loro storie, con la loro ricerca di giustizia, significa “recuperare tanti anni di silenzi e superficialità e dare radici solidi alla memoria”.

Sono circa 70 i sindacalisti uccisi per mano mafiosa, la loro colpa era quella di chiedere lavoro, giustizia, rispetto delle regole, la loro colpa era quella di non girarsi dall’altra parte rispetto ai soprusi alle angherie, allo sfruttamento subiti da tanti lavoratori e lavoratrici. Come non ricordare alcuni nomi: Placido Rizzotto, ucciso dalla mafia proprio per il suo impegno a favore dell’occupazione delle terre al fianco dei braccianti; Accursio Miraglia, segretario della Camera del Lavoro di Sciacca e poi del Pci, fondatore della cooperativa “La Madre Terra” nata proprio sotto l’impulso dei decreti Gullo che davano alle cooperative la possibilità di avere terre incolte da mettere a produzione, freddato da una raffica di mitra davanti alla sua casa; Epifanio Li Puma; e Pio La Torre protagonista delle lotte contadine, ucciso proprio il 30 aprile di quaranta anni fa insieme a Rosario Di Salvo. I loro volti, alcuni in foto inedite, i nomi con accanto la lapidaria data di morte, scorrono immortalati nel bel video di Alberto Castiglione.

Tra questi morti per mafia e la geografia del caporalato e dello sfruttamento in agricoltura il collegamento è immediato: la mafia vive di criminalità, sopraffazione, illegalità e chi si oppone a questo ordine delle cose spesso paga, ha pagato con la vita.

Jean Renè Bilongo, presidente dell’Osservatorio Placido Rizzotto, presentando il Primo Quaderno dell’Osservatorio, ricorda che la mappa geografica del lavoro sfruttato in agricoltura individua in Italia 405 luoghi a rischio. Tra le regioni più colpite, la Sicilia è in testa con 45 siti individuati, concentrati maggiormente tra Catania, Siracusa, Trapani, Ragusa Agrigento e Palermo. “Ma la seconda regione dopo la Sicilia è il Veneto, a dimostrare iconicamente come il fenomeno del caporalato sia presente in tutta Italia”.

Il filo rosso che unisce gli interventi di Dario Fazzese, segretario generale della Flai Cgil Palermo; Mario Ridulfo, segretario generale della Cgil Palermo; Tonino Russo, segretario generale della Flai Sicilia e Ignazio Giudice, segretario d’organizzazione della Cgil Sicilia, è stato il rapporto tra lavoro e legalità, tra lotta allo sfruttamento e impegno al fianco dei più deboli per la giustizia, perché, come recita il titolo dell’iniziativa, l’impegno del sindacato oggi come ieri è quello di “Seminare legalità”. A portare un saluto, fra gli altri, il sindaco di Corleone, i rappresentanti delle cooperative ‘Pio La Torre’, ‘Liberi tutti’. L’ultimo intervento è affidato a Giovanni Mininni, segretario generale Flai Cgil nazionale: “La nostra organizzazione sindacale, il nostro popolo tengono viva la memoria e la passione per continuare a lottare per migliorare le condizioni di lavoro. Nell’ultimo rapporto dell’Osservatorio Placido Rizzotto, così come nel quaderno abbiamo documentato che le agromafie sono ancora presenti e i clan si sono specializzati”. Mininni ricorda che passi avanti sono stati fatti con l’introduzione, nel 2016, della legge 199, che “consente di perseguire sfruttamento e caporalato non solo nel settore primario, ma anche in altri ambiti, dall’edilizia alla logistica. Sogniamo un mondo migliore dove il lavoro venga rispettato”.  

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