Sfruttamento nelle Langhe, c’è chi dice no

Per Matteo Ascheri, ex presidente del consorzio di tutela Barolo, Barbaresco, Alba, serve “un codice etico contro il caporalato”. La Flai Piemonte con il progetto ‘Common Ground’ ha creato un vero e proprio sportello per il lavoro 

La sua storia di imprenditore etico è finita anche sul Financial Times. Perché Matteo Ascheri ha denunciato senza troppi giri di parole i fenomeni di caporalato e sfruttamento che interessano vigneti fra i più celebri del mondo, quelli piemontesi dove si producono Barolo e Barbaresco, vini da sempre al top della gamma. “La nostra è un’agricoltura ricca, abbiamo la forza di poter lavorare in modo legale, nel rispetto dei diritti e delle tutele di chi ci aiuta a produrre i nostri vini”. Il cortocircuito fra bottiglie che costano minimo 30 euro, ma che vengono mediamente vendute con numeri a tre cifre, e le condizioni di lavoro di chi per un pugno di euro viene impiegato nella cura dei vigneti e nella vendemmia, è palese. 

LO SPORTELLO PER IL LAVORO
La Flai Cgil denuncia da anni modelli patologici di produzione che fanno largo uso di caporalato e sfruttamento. “Le Langhe sono un territorio sindacalmente molto difficile – spiega Denis Vayr, segretario piemontese del sindacato dell’agroindustria della Cgil – il territorio dei doppi pesi, del doppio passo. Molta, moltissima qualità nelle produzioni, pochissima nell’applicazione del contratto. Un territorio in continua espansione, che esporta prodotti alimentari in grandissima quantità e non ha sofferto nemmeno nei periodi più critici. I casi di sfruttamento che finiscono sui giornali sono purtroppo solo la punta di un iceberg, c’è chi si approfitta senza alcuno scrupolo delle condizioni di bisogno delle persone”. Proprio per questo Flai e Cgil ed altre associazioni hanno aderito a ‘Common Ground’ un modello di progetto alternativo all’attuale sistema di reclutamento della forza lavoro. “‘Common Ground’ – spiega Vayr – si ispira al modello Saluzzo, con il quale, partendo da una situazione che negli anni 2017-2018 vedeva la città del Marchesato in grande difficoltà nell’accogliere i lavoratori stagionali, si sono create le condizioni per un presidio attento. Nelle Langhe le aziende possono farsi aiutare dal centro per l’impiego, non passando dall’intermediazione privata, in buona sostanza si è creato uno sportello per il lavoro non sfruttato, come quelli che si usavano un tempo, cui le imprese in cerca di lavoratori possono rivolgersi”.

UN IMPRENDITORE ETICO
“Non potrei andare a dormire la sera sapendo che nella mia tenuta agricola lavoratrici e lavoratori vengono sfruttati come schiavi”, spiega Matteo Ascheri, che dal 2018 al 2024 è stato presidente del consorzio di tutela Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani. “Non si può far finta che vada tutto bene, che caporalato e sfruttamento non esistano. Basta frequentare certe piazze dei piccoli paesi all’alba, nei periodi della raccolta, per assistere ai movimenti di pulmini carichi di lavoratori verso le vigne, gli stessi mezzi che poi ritrovi sulle strade di campagna a sera”. L’altro volto del made in Italy, quello che non si può far vedere. “In Italia è dovuto andare giù il ponte Morandi di Genova perché si ammettesse che esiste un problema di manutenzione di tutta la rete autostradale – osserva amareggiato l’ex presidente – Eppure si sapeva benissimo”. “Da imprenditore e da presidente del Consorzio ho sentito il dovere di denunciare lo sfruttamento nei nostri vigneti. E sono rimasto solo, isolato da chi prima negava il fenomeno e poi, alla luce delle inchieste della magistratura, lo minimizzava parlando di ‘poche mele marce’. Non è così, sono i numeri a dire il contrario”.

Le Langhe sono un territorio del Piemonte meridionale, situato tra le province di Cuneo e Asti, costituito da un esteso sistema collinare, delimitato dal corso dei fiumi Tanaro, Belbo, Bormida di Millesimo e Bormida di Spigno. Hanno come Capoluogo la città di Alba, in provincia di Cuneo. Le Langhe sono anzitutto un importante centro di viticoltura e vinificazione, dove spiccano numerose varietà di vino (in larga parte soggette a certificazioni Doc e Docg), quali Barolo, Nebbiolo, Barbaresco, Dogliani, Dolcetto d’Alba, Barbera d’Alba, Pelaverga di Verduno. “Non parliamo di pomodori di Foggia, ma di un’agricoltura ricca, con un enorme valore aggiunto e un sistema fiscale particolarmente favorevole. Come imprenditore non posso che vergognarmi di quello che accade nei nostri campi. Invece si nega la realtà, e quando non si riesce a farlo si risponde con la carta: protocolli, vademecum, tutta carta”.

Uno stato delle cose di fronte al quale Ascheri ha detto no. “Per me è una questione di ordine etico: dobbiamo capire come vogliamo vivere il nostro pianeta, camminare fra i nostri vigneti, quale rapporto vogliamo avere con gli altri esseri umani. Da questo punto di vista l’impresa ha anche una responsabilità sociale, esiste un problema di immagine. Chi si comporta male usando un marchio collettivo getta discredito su tutta la comunità”. Deve essere di origine controllata anche il lavoro. “Ci siamo confrontati con Confcooperative – puntualizza – partendo dal fatto che dei circa 5.000 lavoratori impegnati in agricoltura nelle Langhe, più o meno la metà sono alle dipendenze dirette delle aziende. Dovrebbe essere la parte più tutelata, anche se le ombre nel nostro settore non mancano mai. Gli altri 2.500 sono ‘intermediati’ da un sistema di cooperative. Insomma, l’intermediazione del lavoro è diventata strutturale, rappresenta il 50% dell’offerta. Di questo 50% circa un migliaio si affida a realtà associate a Confcooperative. Ma ne rimangono altri 1.500 in mano a piccolissime realtà difficili da controllare, che nascono e muoiono in poco tempo. Inutile dire che sono le lavoratrici e i lavoratori più a rischio”.

LE AZIENDE NON SONO VITTIME CASOMAI MANDANTI DEL CAPORALATO
Ascheri ha risolto il problema alla base, ha solo dipendenti diretti. “L’assunzione è l’unico modello di integrazione possibile, senza contratto a tempo indeterminato i lavoratori non possono chiedere prestiti in banca, o affittarsi una casa. E certo non sono aiutati da leggi come la Bossi-Fini o dal decreto flussi”. “Visto che l’intermediazione del lavoro è diventa strutturale – riflette – bisognerebbe intervenire su quel versante. Creare noi cooperative che garantiscano la legalità per il lavoratore, intercettando le persone che vivono sul territorio e togliendole dalle mani degli sfruttatori. Con l’aiuto di tutti, a partire dalla Flai Cgil”.

In Piemonte ci sono ben 48mila ettari di terreni da coltivare, che potrebbero anche aumentare con il nulla osta della Regione Piemonte. “I politici si vantano del made in Italy ma poi mettono la testa sotto la sabbia, sono sepolcri imbiancati. Io ho provato a parlare di sfruttamento e caporalato, mi hanno condannato alla damnatio memoriae. Il mio successore dice che le aziende sono anch’esse vittime del caporalato. Sono parole che non si possono sentire, lo dico da imprenditore. Un’azienda non può essere vittima, casomai mandante. Non è forse l’azienda che offre il lavoro? E chi offre il lavoro deve anche garantire diritti e tutele. Non è forse l’azienda che avrà i ricavi economici? Non può fare finta di niente, e dire ‘io pago la cooperativa e non so cosa succede’”. L’imprenditore parla di un “valore aggiunto esagerato nei vigneti delle Langhe, e di una fiscalità agricola che agevola i più ricchi. Perché non pagano le tasse? Perché l’agricoltura in Italia rappresenta cinque milioni di voti che hanno una caratteristica unica: sono fedeli. Il nuovo governo è anche espressione dello spostamento di voti della filiera”.

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