Stop precarietà, più giustizia sociale e fiscale

In presidio davanti al Parlamento mentre discutono leggi che penalizzano ulteriormente lavoratrici e lavoratori

Un presidio bagnato ma rumoroso, resistente alle intemperie, proprio sotto il Parlamento dove si gioca d’azzardo con la vita delle lavoratrici e dei lavoratori. In piazza del Pantheon si chiede giustizia sociale, mentre a Montecitorio la maggioranza che sostiene il governo Meloni vuole approvare una legge, il Ddl Collegato lavoro, che aumentano la precarietà e favoriscono il disimpegno delle aziende, riducendo vincoli e responsabilità.

La Flai è in piazza con la Cgil e la Uil per dire no al ddl lavoro: no all’aumento della stagionalità senza regole, alla liberalizzazione senza limiti dei contratti di somministrazione, all’equiparazione delle assenze ingiustificate alle dimissioni volontarie, no al continuo attacco alla contrattazione collettiva e a deroghe fiscali sui contratti misti che incentivano lavoro autonomo e part time. Il lavoro deve essere dignitoso, stabile, sicuro e tutelato. Bisogna andare a prendere i soldi dove sono. E bisogna applicare l’articolo 53 della nostra Costituzione nella sua interezza, non solo una parte. Un principio secondo cui ognuno deve pagare in base alla propria capacità contributiva.

Non solo, il predio chiede anche giustizia fiscale, quella progressività nelle imposizioni ben delineata dalla Carta costituzionale. Principi che il governo ha completamente dimenticato. La flat tax non è progressiva; la rendita finanziaria che paga meno tasse del lavoro dipendente non è progressiva; la rendita immobiliare che paga meno tasse del lavoro dipendente e dei pensionati non è progressiva. E la progressività vuole dire che ognuno deve pagare non in base a quello che prende ma in base a quello che ha. Diseguaglianze che stanno mettendo in ginocchio l’Europa, stanno mettendo in ginocchio il lavoro dipendente, vanno combattute. In Italia significa contrastare seriamente l’evasione, mettere in campo una vera riforma fiscale. Nel 1970 c’erano 32 aliquote, non 3, la più bassa era al 10% e la più alta era al 72% . Oggi ci sono 2 aliquote, la più bassa è al 23% e la più alta al 43%, in più si è ridotta la platea di quelli che pagano l’Irpef, perché la pagano solo i lavoratori dipendenti e i pensionati. Il problema non è che non ci sono i soldi, è che non si vanno a prendere dove sono. Cambiare si può e si deve.


Articoli correlati

Le Brigate del lavoro della Flai, un modello innovativo che può dare risposte ai lavoratori europei

Oggi a Bruxelles, la prima assemblea dell'Effat sui nuovi modi di organizzare il lavoro. Guaraldi, Flai Cgil: «Il sindacato di strada è un buon esempio di pratica sindacale in agricoltura, utile per raggiungere i lavoratori agricoli di tutto il continente»

Il caporalato “nascosto” nel ricco Nord

Nel nuovo dossier dell’associazione Terra! presentato ieri a Milano a finire sotto la lente d’ingrandimento sono Piemonte, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Lombardia. Tra cooperative senza terra e lavoratori in appalto, lo sfruttamento in agricoltura tenta di occultarsi e si espande anche nelle produzioni ad alto valore aggiunto

Il voto è la nostra rivolta

La battaglia referendaria è difficile, impegnativa, ma possiamo vincerla, e non lo diciamo solo per scaldare i cuori di noi militanti